Nuova avventura “unsupported” sugli sci stretti: destinazione Svizzera per la Engadin Skimarathon, 42km dal passo del Maloja fino a S-Chanf, passando per St. Moritz, Pontresina, Samedan. L’occasione per vedere tutta l’Engadina in una volta sola. Evento internazionale, 14 mila atleti al via, organizzazione impeccabile (davvero complimenti agli Svizzeri). Atmosfera festosa, bella, bellissima: quando senti sorridere in tutte le lingue del mondo, e questo ti fa sentire a casa. Vedo attorno persone simili a me, che amano le stesse cose, e questo mi fa stare bene.
La partenza al Maloja ha
qualcosa di surreale: il sole sorge da dietro la montagna dissolvendo la nebbia
sul lago ghiacciato, sulle note di Vangelis - Conquest of Paradise. E gli atleti sulla linea di partenza vedono
davanti a sé proprio un bianco paradiso, che invita ad essere attraversato.
Il livello dei
partecipanti è alto, anche partendo nelle retrovie. Vedo donne danzare sugli
sci in quella pianura sconfinata: osservo loro perché, mentre il gesto degli
uomini è più basato sulla forza, quello delle donne è più basato
sull’equilibrio. Io mi sono allenata sulle Orobie, dove non ci sono pianure, e
qui ho tutto da imparare. Poi arrivano le salite. La prima, ripida, al km 13,
ha dell’incredibile: è il primo “imbuto” del percorso e mi obbliga ad un’attesa
di oltre 30 minuti perché le guardie fanno salire gli atleti in fila indiana.
Mi viene un freddo ad aspettare lì ferma così… Fortuna che poi è salita, e mi
scaldo. Le salite sono tutte pattinabili per me, ma evidentemente alla gente
qui non piacciono, perché le affronta camminando. Mi faccio strada zigzagando. La
neve è difficile, primaverile: a tratti sembra zucchero, a tratti sembra una
granita bagnata. Terminato il saliscendi nei boschi tra St. Moritz e
Pontresina, al km 21, si riprende la grande pianura bianca. A questo punto il
mio gesto trova una sua sintesi di gravità e spinta (equilibrio e forza) per
“volare” nel bianco fino al traguardo. È tutto così bello, bellissimo, che
anche i miei pensieri sono belli, bellissimi. Davanti al vasto bianco,
sovrastato di azzurro, non posso fare altro che ringraziare quell’infinito che
dà a me, piccolo puntino, la possibilità di realizzarsi ed essere felice. I
chilometri scorrono davvero veloci. Arrivano gli ultimi cartelli: 4 km al
traguardo, 3 km al traguardo. A questo punto mi succede una cosa particolare: non
voglio che finisca, mi viene da piangere, non voglio lasciare il grande bianco,
voglio restare lì. Ho trascorso un inverno piuttosto difficile, e il bianco mi
ha accompagnato, portandomi pace, non voglio andare via. Ma è giusto così,
perché l’inverno volge al termine e la primavera sta per iniziare. Finish line,
medaglia, rientro. Stanchezza, forse più emotiva che fisica.
Che possa custodire
dentro di me la pace del bianco, mentre volgo lo sguardo all’orizzonte,
nell’attesa dei colori che verranno.
Grazie Engadina.