lunedì 28 giugno 2010

La mia bici: Sintesi 707

Antefatto

Per riattivare la muscolatura dei quadricipiti, mi è stata consigliata la bicicletta. Ma della misura giusta, per non creare ulteriori problemi al già alterato equilibrio posturale. Su consiglio di Mr Fisio, ex ciclista, mi rivolgo ad un negozietto nascosto che si rivela un piccolo regno per gli amanti della disciplina. Entrando già si avverte passione e dedizione: i ciclisti sono i cugini a due ruote dei podisti. Espongo la mia situazione e con molta disponibilità mi vengono prese tutte le misure necessarie per assemblare una bicicletta ad hoc (statura, altezza del cavallo, altezza del femore, larghezza delle spalle). Dopo qualche giorno, la mia piccola è pronta: si chiama Sintesi 707, mountain bike con gomme da strada. La prima prova sui rulli: perfetta, l’altezza sella-pedale per la corretta distensione della gamba, la lunghezza del telaio per l’inclinazione del busto, la larghezza del manubrio per la posizione della braccia, i fermapiedi per tenere i piedi ben allineati sui pedali. Il sellino strettissimo lascia gli adduttori riposare sospesi: una bella sensazione! Gli ultimi consigli: controllare che polso e avambraccio siano allineati, che le braccia siano leggermente piegate. Pantaloncini imbottiti sono d’obbligo per il tipo di sellino. Ricevo in omaggio la maglia del team: ora ho pure la divisa, siamo pronte per partire! Prima uscita di un’oretta per una ventina di chilometri pianeggianti che hanno messo a dura prova i dorsali, non abituati a quella strana posizione piegata in avanti. Gli adduttori fortunatamente tacciono, per riprendere a lamentarsi appena scendo dai pedali. La seconda uscita comincia a darmi soddisfazione: una trentina di chilometri con le prime pedalate in salita che mi fanno assaggiare di nuovo quel misto di fatica e piacere che da troppi mesi non sentivo più. Allora possiamo cominciare a fare sul serio...

Domenica 27 giugno 2010

La sveglia alle 5, una missione da compiere. Un pensiero felice mi trotterella per la mente e l’entusiasmo si trasforma in pacata determinazione verso la meta. Oggi arrivo lassù, sulla mia montagna. Ore 6: si inizia a pedalare. La luce del mattino, il deserto silenzioso delle strade intorno, il canto degli uccelli: mi piace. Dalla pianura si vede la montagna: il primo traguardo, la vetta. Vedo sorgere il sole, mi viene in mente la conferenza della sera prima: eccolo spuntare proprio dietro quella vicina montagna verso la quale sono orientate tutte le chiese romaniche della zona. Il sole del solstizio, un antico magico saluto prima di velarsi tra le nuvole. Comincia la prima salita, 7 km che portano da 300 a 1000 m slm. Cambio 2-2, con calma. Sento la fatica. È bellissimo, sento ancora quel piacere diffondere e sciogliere i pensieri. Solo la corsa aveva saputo regalarmelo prima d’ora. Ed ora invece eccomi qui su due ruote. Il verde attorno si confonde nella mente con lo sfondo di quella Madonnina che ringrazio per aver posto sulla mia strada anche quanto c’è di buono a questo mondo, quanto oggi mi dona un pensiero felice. Uno scoiattolo attraversa la strada, si ferma a lato e invece di scappare si volta e si ferma a guardarmi. Cosa vuoi, scoiattolino? Sei bellino, ma non mi fermo a fotografarti perché voglio arrivare al primo traguardo senza scendere dai pedali. Ecco il primo traguardo: breve sosta per riempire la borraccia e fare un po’ rifornimento, si riparte. La strada prosegue in costa tra pascoli di mucche magre: fanno impressione, il lungo inverno deve aver fatto male anche all’ambiente quassù. L’ultima salita: 6 km per arrivare alla vetta. Cambio 2-2 fino al passo, 1340 m slm, ce l’ho fatta. La mia Sintesi è stata bravissima. I quadricipiti hanno lavorato. Le ginocchia scricchiolano: fate, fate, che forse è la volta buona che vi raddrizzate. Tanto oggi non vi sto a sentire. Ora prepariamoci a scendere: giacchino antivento e via. Lungo la discesa, una bellissima sorpresa: incontro i miei compagni di Squadra, che salivano di corsa alla montagna. Loro impegnati nella tosta salita, io nella rapida discesa sulle due ruote, un saluto veloce ma tanto gradito! Scendendo incrocio poi folti gruppi di ciclisti impegnati a salire e auto di turisti che li sorpassano irritati: la strada si è fatta affollata e pericolosa, ci vuole prudenza fino al rientro alla base.

Una bellissima uscita: 50 km di cui contano però solo i primi 25, perché in discesa non ho fatto nulla, eccetto negli ultimi 5 km di rettilineo pianeggiante dove mi sono trovata praticamente sdraiata sulla bici con cambio 3-7, pedalando a tutta e divertendomi un sacco! Ho capito come tenere la posizione: è un gioco di equilibrio tra addominali e schiena, così l’appoggio sulla braccia diventa leggero e i dorsali non si irrigidiscono. Sono contenta: ho trovato un nuovo modo per muovermi all’aperto quest’estate! Non potrò correre, ma vorrei avventurarmi con la mia bici verso nuovi territori. Le ginocchia, un po’ affaticate, si abitueranno. Il riposo pomeridiano all’ombra del noce: la compagnia di un pensiero felice, i prossimi progetti. Per oggi, non posso desiderare altro.

lunedì 21 giugno 2010

Una storia lunga (nemmeno tanto)

Cominciata 2 anni e mezzo fa, pochi giorni prima di Natale. Era il dicembre 2007 quando cominciai a correre perché sognavo la mia prima maratona, a Roma, marzo 2008. Il mio primo paio di scarpe, neutre, durò solo un paio di settimane per un fastidioso dolore alle ginocchia, sui lati interni. Preso il secondo paio, con un leggero supporto antipronazione, i fastidi svanirono e corsi tranquilla per mesi. Venne Roma a marzo, poi la 50 km lungo l’Adda a giugno.

Luglio 2008, il primo stage di running: la postura in corsa era corretta. In agosto, consumato il secondo paio di scarpe, ne comprai un terzo apparentemente uguale, versione successiva. Seguirono fastidiosi problemi di instabilità delle caviglie e una brutta slogatura che mise fuori posto i tendini sul lato interno della gamba e della coscia. Passando ad un modello di scarpa più sostenuto, con supporto antipronazione correttivo, uscii da questa situazione e ripresi a correre senza problemi. Seguirono un paio di maratone e quindi la Pistoia - Abetone, nel giugno 2009.

Luglio 2009, il secondo stage di running, sotto la stessa guida: la postura in corsa era completamente cambiata, scorretta, con il busto all’indietro e un appoggio in retropiede. A questo punto avrei dovuto pormi un’importante domanda: perché? Invece, mi impegnai a correggere la postura. Con le mie solite scarpe, corsi anche una maratona. Poi mi ritrovai a correre a ritmi un po’ più allegri, e in breve le mie gambe decisero di non andare più, frenando dolorosamente anche il passo della semplice camminata, creando dolorosi problemi alla schiena, rendendo dolorosamente difficoltoso il mantenere la posizione eretta quanto quella seduta. Era il gennaio 2010.

Ora, trascorsi più di 6 mesi di inattività, di esami, di terapie, di dolori e di interrogativi, la corsa è un ricordo e di nuovo un sogno. Ma dovranno passare ancora molti mesi perché possa sperare di poter compiere ancora quel gesto. Cosa è successo?

È successo che le mie amate scarpe sostenute e correttive, tremendamente comode, compagne di tanti km, avevano una struttura tale da alterare la mia naturale postura di corsa, portandola all’indietro e di retropiede. Le fotografie che mi ritraggono nelle gare corse nel 2008 e nel 2009 mostrano chiaramente la differenza. Quando corressi la posizione di corsa, non tenni conto di cosa avevo sotto i piedi e cominciai a forzare un meccanismo per il mio corpo innaturale. Se correre a 6’ o a 5’30’’ perdona tutto, correre a 5’ no. L’appoggio in avampiede cadeva in realtà sul rigido sostegno antipronazione, che il mio peso non riusciva a comprimere. La reazione al terreno era sentita per prima dai muscoli adduttori, che si sostituirono progressivamente ai quadricipiti nel meccanismo di estensione della gamba. Nulla di più innaturale per questi muscoletti, che non hanno la capacità di poter sorreggere il carico corporeo. Da qui l’infiammazione alle loro inserzioni, la loro contrattura permanente, il loro trascinarsi le ginocchia in intrarotazione, e tutti i problemi posturali descritti. Questo tipo di infiammazione richiede per sua natura diversi mesi per potersi risolvere. Io devo anche far capire ai quadricipiti (in stato di ipotonia, poverini) che devono lavorare loro al posto degli adduttori, in modo da rimuovere la causa del problema. Chissà, magari poi un giorno potrò tornare anche a correre. Ma non chiedetemi cosa avrò sotto i piedi…