La partenza
Dopo 8 giorni a letto con l’influenza e 2 di lavoro nonostante la febbricola per importanti scadenze, eccomi partire molto prima dell’alba alla volta di Berlino. Il piacevole gironzolare con la Squadra, la visita all’expo. Giornata impegnativa, cominciata troppo presto e finita troppo tardi, al freddo.
La vigilia
Il fisico mi lascia di nuovo, non riesco a stare al passo del giro turistico, la vista si fa scura e le voci lontane, mi sento cadere e rientro in camera, per trascorrere a letto il resto della giornata.
Il giorno della Maratona
Il riposo è servito per recuperare un po’. Come turista, sono alla partenza della Maratona. Clima allegro e festoso. Là nelle gabbie gente più che normale: le Maratone, più sono affollate, più ne hanno dentro di tutti i tipi. Non valgo meno della gente che sta da quella parte del muro. Per quale motivo, ancora una volta, non posso essere di là? La salute, non posso farci nulla. I palloncini gialli si alzano in cielo. L’odore di maiale mi dà la nausea. L’attesa per i top è per fortuna breve: bello applaudire Haile, grande piccolo uomo dal volto segnato dalla fatica. E poi, ancora una volta, sono a far da spettatore alla solita passerella. I soliti volti di maratoneti, i soliti fisici che ogni quarto d’ora cambiano caratteristiche. Ognuno è il protagonista di se stesso. Un esaltato viene a chiedere il tifo per i suoi ultimi 200 metri: chi credi di essere, un eroe? Sei solo uno che ha la fortuna di essere da quella parte del muro, oggi. Sono passate 3 ore, la mia pazienza è già finita. Questa è l’ultima Maratona che guardo dall’altra parte. Saluto i tifosi della Squadra e mi allontano, guidata dall’istinto alla ricerca di un po’ di pace, ritrovandomi all’Isola dei Musei.
Il Pergamon Museum, un viaggio tra imponenti meraviglie come l’Altare di Pergamo, la Porta del Mercato di Mileto, la Porta di Ishtar. Una mostra speciale mi fa incontrare le antiche divinità greche: Artemide mi è sempre piaciuta, Dionisio pure, ad Atena chiedo se è ancora viva, ad Asclepio se con il suo bastone di serpente ogni tanto può pensare anche a me. Una curiosità: nel 6° secolo ac Dionisio era raffigurato come un uomo, con la barba; poi nel 4° secolo ac lo hanno ringiovanito ed effeminato, raffigurandolo come un ragazzino imberbe con la capigliatura che facevano alle donne; poi la loro civiltà è tramontata. Corsi e ricorsi della storia.
Da lì all’Alte Nationalgalerie: inutile pubblicizzarla per gli avanzi dell’Impressionismo francese, il suo vero valore sta negli artisti del luogo. Veramente meritevoli von Menzel e von Werner, le cui pennellate di Realismo denunciano tutto lo squallore che si cela dietro il perbenismo di un ignorante, falso e cafone potere costituito. Quanto mai attuale: non importa l’epoca, anche nei volti dell’Ottocento si possono leggere le solite squallide vicende di ingiustizie, di bastardi e di puttane. E in ogni quadro c’è un particolare che rappresenta l’artista: ora un dettaglio elegante che si discosta dal mare dei nobili cafoni, ora due occhi in un angolo che guardano pieni di rabbia l’osservatore dell’opera. Salite le scale fino al piano superiore, i Romantici cieli di Friedrich sembrano messi lì apposta per far respirare l’animo, aprendosi in una luce di speranza dopo un percorso cupo. È là, in quei cieli chiari, che vola la mia Gru. Rivoglio la Mia Corsa.
Quando esco il Sole sta tramontando: la giornata è finita, trascorsa in una dimensione senza tempo. Un viaggio in un insolito eterno presente che tanto mi mancava. Le campane del Duomo provano a riempire l’aria di note di speranza.
La visita a Berlino si chiude tra le macerie del quartiere generale delle SS. Una mostra fotografica è dedicata agli orrori progettati qui e destinati agli Ebrei. Mi colpiscono i volti dei dirigenti e degli ufficiali delle SS: non hanno le facce da cattivi, ma da pezzi di merda. Togliendo loro la divisa e facendo loro indossare un bell’abito blu, nero, o grigio, non si distinguerebbero dai membri delle attuali gerarchie. Quegli orrori mossi da fanatica ignoranza si possono ancora ripetere, anche oggi, anche qui.
I maratoneti del day after, mescolati tra i turisti, sfoggiano vistose maglie rosse da finisher che giustificano la loro andatura caracollante. Quando capiscono di parlare la stessa lingua, uno si rivolge al primo sconosciuto come ad un vecchio amico: “Hai fatto la Maratona?” “Sì!” “Quanto hai fatto?” Meglio voltare pagina, che domani devo andare a fare le analisi, per vedere perché fatico a reggermi in piedi.
Berlino
Cara Berlino, sinceramente non mi sei piaciuta, anche se meritavi di essere conosciuta. Mi immagino quanto grande e bella dovevi essere quando ospitavi i pensieri e gli studi di Hegel, Feuerbach e Planck, con le pennellate di von Menzel, von Werner e Friedrich, con le note di Mendelssohn. Poi ti hanno distrutto. Non hai più un’identità, stai ancora cercando di ricostruirti, abbattendo le tue vergogne, facendo la plastica alla tue ferite, cercando di imitare le tue belle e lontane cugine europee, di cui spesso finisci per essere una brutta copia un po’ pacchiana. Non sei “bella”, sensazione che mi hanno trasmesso altre città, non mi è rimasta la voglia di ritornare per correrti. Ciao.
La Squadra a Berlino | Un cielo di Friedrich |