Carate Urio, 18 maggio 2025
Il mio primo vertical. L’occasione per raccontare un’altra storia. Alziamo il livello di astrazione 😊
“Le sorelle del castello”
C’era una volta un castello, dove vivevano due sorelle che si chiamavano Kokóro e Yàma. Kokóro era piccola, seguiva solo il suo cuore e non voleva sentire ragioni, e per questo finiva spesso per farsi male. Yàma era grossa come una montagna, agiva sempre con ferma razionalità, e sentiva il dovere di proteggere la sorella affinché non si facesse male.
Le due sorelle non erano mai d’accordo, e litigavano spesso. Quando una voleva studiare, l’altra voleva cantare a squarciagola tutto quello che provava. Quando una aveva gli occhi che brillavano di fiducia, l’altra fiutava il pericolo.
In un buio giorno di inizio inverno, Kokóro corse giù per le scale del castello, piangendo, fino alle segrete più profonde. Yàma indossò l’armatura, impugnò la spada, e si mise a difesa del castello: nessuno poteva più passare. E disse: “Riposa, sorella. Ora lascia fare a me. Ti prometto che un giorno ti porterò sulla montagna, dove sarai libera di risplendere, e la tua luce spazzerà via coloro che portano l’ombra nel cuore”.
In un luminoso giorno di fine inverno, Yàma e Kokóro partirono per un lungo viaggio e iniziarono la salita alla montagna. Giunte alle porte del deserto, Yàma si fermò e disse: “Kokóro, ora tocca a te. Prosegui da sola. Sollevati in volo, e punta alla vetta”. Kokóro aprì le ali e si alzò in volo, falco del deserto. Volò sempre più in alto, fino alla vetta. Giunta sulla cima della montagna, Kokóro si guardò attorno. Vedeva solo bellezza, e provava solo amore. Le scese una lacrima. E disse: “Io sono Kokóro. Io sono l’amore puro, che nulla chiede in cambio. Chi ferisce me, ferisce l’essenza della Vita”. E dal pendio a valle, la voce della sorella le fece eco: “E io sono Yàma, la montagna posta a tua difesa”. Le due sorelle non litigavano più: avevano trovato il loro equilibrio, come le due sinuose parti di uno yin e yang.
Stanche per le loro fatiche, andarono a coricarsi. L’indomani, al sorgere del sole, Kokóro e Yàma non c’erano più. Una nuova entità si era formata dalla loro fusione: non era nè piccola, nè grossa, era grande. Era bella, statuaria, dallo sguardo fermo e fiero, imperturbabile. Se in un momento c’era amore, lo lasciava scorrere libero, apertamente, perché era giusto così. Se in un momento c’era sopruso, attaccava senza esitazione, irremovibile, perché era giusto così. Se in un momento c’era pericolo, lo attraversava con passo composto e impavido, con lo sguardo rivolto all’orizzonte oltre la nube, perché era giusto così. Era nata Fudōshin, e si incamminava verso l’inaspettato con equilibrio e con profondo ed imperturbabile spirito.