Gran Fondo Franciacorta Sebino, 20 Marzo 2011
Iscritta alla Gran Fondo di 109 km lungo il lago d’Iseo e le salite della Franciacorta. Con una ricca dose di incoscienza e con tanta voglia di imparare ad usare la bici su strada, dopo un inverno trascorso esclusivamente sui rulli.
Aspettando il via guardo i ciclisti sganciarsi e scendere con passettino agile dai pedali e provo anche io questo gesto: molto utile, servirà. Alla partenza dovrei stare con le donne, in prima batteria, ma non me la sento di trovarmi in mezzo a quei 2200 ciclisti veri e mi porto in coda, nelle retrovie. Questo significa ritrovarsi subito in mezzo al traffico, nella coda di auto rimaste ferme per lasciar passare il gruppo dei primi e dirette alla gita domenicale sul lago: un delirio, molto pericoloso. E la bicicletta è un mezzo, che deve rispettare il codice della strada, le rotonde, i semafori, i pedoni, i passeggini… Finalmente la strada si fa più libera e i pedali cominciano a girare. La costa del lago d’Iseo: il sole piacevole, le lunghe e buie gallerie in cui confidare solo nel bianco della mia Lady, le buche sull’asfalto irregolare, la guida pericolosa di automobilisti che di sportivo hanno solo il nome della macchina. E poi il vento contro, che frena l’avanzata e che porta a rannicchiarsi sulla bicicletta. E le raffiche, che fanno stringersi alla bicicletta tenendola stretta per non farla sbandare. Dopo 90 km la salita alla montagna, con rampe al 20% difficilmente pedalabili, dove camminare con le scarpette da bici è impossibile perché scivolano all’indietro e dove avanzo scalza per portare la mia Lady su. Dove la salita ritorna pedalabile, la mente entra in crisi e non vuole più andare avanti. Ma, a differenza di quanto provato nella corsa, le gambe continuano a pedalare con quel loro movimento lento e costante, arrampicandosi fino alla vetta. Non so come facciano, ma sono molto contenta di loro. La sofferenza provata lungo questo tratto è seconda solo a quella provata lungo gli ultimi km dell’Abetone. Il ricordo di quella fatica è stimolo per andare avanti. Quindi la discesa, affrontata con stanchezza e timore, sentita fredda e rigida, con le auto e le moto che passano a fianco: qui mi manca proprio la tecnica, prima o poi la imparerò. Al rientro nel traffico lungo il lago sbaglio strada, chiedo indicazioni, e finalmente taglio il mio traguardo. In classifica non ci sono perché il mio chip non beepava: non sapevo dove metterlo e l’ho infilato in tasca, poi mi hanno spiegato che andava messo sulla ruota… J
Adesso so che sono capace di pedalare per 109 km. Sui rulli non avevo idea. Per essere la quarta volta che la mia Lady tocca l’asfalto sono molto soddisfatta. Bella esperienza, ho imparato tantissimo! Uno speciale grazie a lui, che mi è stato vicino alla partenza e che mi ha aspettato all’arrivo.
L’indomani mi sento “cotta” e mi fa male tutto, tranne le gambe. Molta la stanchezza dovuta all’attenzione continua da prestare alla strada: non è certo come la corsa, che concede quel piacevole e rilassante perdersi. Però la sensazione lasciata dalla fatica è simile, e questa mi accompagnerà finchè non potrò di nuovo correre, perdendomi tra le nuvole, come una volta. Il ciclismo è un’altra disciplina, che merita di essere imparata. Alla prossima! Bye by Sarah