Quando la mattina colora il cielo di corallo, gli occhi del Geco escono dalla tana sorridendo all’attesa corsa. Destinazione Zanica: classica tapasciata di Santo Stefano nella pianura bergamasca. Molto partecipata, dal clima frizzante e giocoso, mette davvero allegria! Il freddo della notte ha trasformato il timore del fango in scivoloso ghiaccio, ma le fide Trabuco sanno bene dove affondare gli artigli per grippare avanti. 18 km spinti al massimo, tutti d’un fiato. Esperimento: provare a correrli sotto i 5’ al km. Il responso del Garmin: esperimento riuscito, record, olè! Gran bella corsa, il Geco si è proprio divertito!
Almenno – Roncola – Almenno (BG), 27 Dicembre 2009
Ohi le zampe. Caro Geco, hai voluto fare il forsennato ieri? Oggi non puoi mancare al tradizionale appuntamento di fine anno con la Squadra, la Presezzo – Roncola – Presezzo! E mi raccomando, presentati in tenuta ufficiale! D’accordo 30 km oggi sono troppi, quindi partenza da Almenno, così il percorso diventa di 15 km, metà in salita con 700 mt di dislivello (da 352 a 1054 mt slm) e metà di relativa discesa. Stupenda la salita alla montagna illuminata di arancione, con la vista che si perde fino agli Appennini oltre la pianura. E dall’altra parte le Alpi innevate: con la giornata serena anche il Monte Rosa si lascia ammirare. Molto buono il ritmo di corsa: grazie all’amico Stefano che ha fatto da lepre, senza di lui oggi il Geco avrebbe corso pigro, e invece alè! Grazie a tutta la Squadra per l’impeccabile e calorosa organizzazione, per la bella corsa insieme, per il buon thè caldo a ristoro dei podisti, per le sane risate. E grazie al fotografo ufficiale della Squadra, Ivo, per le bellissime immagini ricordo!
Buon Natale a tutti i Blogtrotters e a tutti gli Amici Runners di Buona Volontà. Perchè è un buon momento per fermarsi a dedicare un pensiero a ognuno di loro. Perchè se lo meritano. Grazie di esserci! Un abbraccio dal vostro affezionato Geco.
Nel giorno più freddo dell’anno, l’alternativa tra il saliscendi bergamasco e la tapasciata in pianura milanese. Il timore del ghiaccio mi porta a scegliere la seconda: vado a trovare il mio amico Adda! Alla partenza il saluto agli amici Carmen, Stefano e Paola, mentre il termometro segna -7°C. Per sicurezza, il percorso è stato ridotto ad un unico anello da 8 km. Si corre lungo l’Adda, sull’alzaia coperta di neve: è bellissimo, tutto intorno il ghiaccio ricopre gli arbusti con i colori della steppa. L’amico Adda mi tiene per mano con la sua silenziosa pace; lo osservo respirare e il suo respiro come il mio diventa bianco al contatto con l’aria polare. La mente si ferma incantata.
Le gambe corrono al massimo, perché il freddo oggi punge davvero e l’unico modo per scaldarsi è accendere i motori e andare a tutto gas. Le Trabuco mi guardano con grandi occhi gioiosi mentre giocano a grippare sulla neve, come cinghiali. Tra i numerosi podisti vedo sfrecciare un nome su una maglia nota: “Innovatel!” La stretta di mano al Blogtrotter: “Piacere! Io sono il Geco!”. Dopo il secondo giro non sento più le guance né... i fianchi! Meglio fermarsi. La treccia è diventata bianca, coperta di ghiaccio. Le Trabuco scodinzolano. Sono contenta, gran bella corsa.
Trasferta a Reggio Emilia con gli amici Stefano e Paola per la Maratona. Il sabato pomeriggio all’expo, gironzolando tra stand golosi e ganze idee per il prossimo anno, i primi acciacchi: gambe che si piegano da sole, un po’ di mal di gola, dolori muscolari e soprattutto i brividi. Rientrando in hotel mi viene un dubbio: il verdetto del termometro segna 37,2°C e mette la parola CHIUSO alla possibilità di correre l’indomani mattina. Mannaggia. E vabbè. Cena in osteria tipica della zona: dall’antipasto di squisiti salumi con gnocco fritto, al tris di ravioli, ai ricchi secondi di carne... Strepitosa! La mattina seguente è troppo fredda per rimanere a vedere la Maratona e il Geco va in cerca di tana. Il rifugio in una libreria, da quanto tempo. Mi immergo nelle sue mille storie, pensieri, idee, ogni libro è lì per raccontarmi qualcosa. Tra tutti, tre mi conquistano, in questo ordine così come mi si sono presentati. E non chiedetemi perché ;-)
L’orologio mi dice che i primi sono già arrivati da un po’, ma quanto è bello a volte perdersi nel tempo! Ritorno alla finish line per l’arrivo dell’amico Stefano: il raggiante sorriso dello sprint finale è la firma della sua ottima Maratona. Il Geco è bollito ma contento!E adesso, pausa di riflessione.
Asics Gel-Kayano. Nobili scarpe da Maratona, compagne di corse e lunghissime avventure. Ottime nel sostegno per 600 km, perfette su strada e su sterrato fine, troppo belle per essere rovinate con passo incerto su sassosi sentieri e pungenti mulattiere.
Asics Gel-Trabuco. Le sorelle dall’animo selvatico e la corazza dura. Un mondo da scoprire. Testate nel buio della pista, mi guardavano con occhi interrogativi. Tranquille, ancora un paio di settimane e il Geco è di nuovo tra i boschi. Per prima cosa, imparare a camminare.
Poi ci sono le Asics GT-2140. Belle scarpette con cui fare tutto fuorché correre: disfano le ginocchia del Geco. Ottime per camminare, per le attività in palestra, per la Geco’s everyday life.
Ora et labora. Anche il Geco segue la sua Regola. La sveglia alle 6, un’oretta alla guida e il timbro all’ingresso prima delle 8. Niente macchinetta, ma termos di tisana marocchina menta, cannella e liquirizia, meglio del caffè! Per pranzo una ciotola di zuppa del giorno e un po’ di carne per la quotidiana dose proteica. Buona questa mensa. Il timbro all’uscita per le 5, un’altra oretta alla guida, una buona tazza di Orzoro e il Geco è di nuovo pronto per partire.
Lunedì: esercizi in palestra, distretto superiore. Martedì: un’oretta di corsa, progressivo (veloce che la pista chiude!). Mercoledì: esercizi in palestra, distretto superiore. Giovedì: un’oretta di corsa, ripetute sui 1000. Venerdì: esercizi in palestra, distretto inferiore. Sabato: il Geco va in letargo e riordina la tana... Domenica: il Geco si sveglia presto per i suoi 20 km di bella tapasciata. Eccezioni alla Regola: se il tempo è proprio brutto, tapis roulant per far lavorare muscoli e fiato ma non stressare il sistema immunitario.
Per cena, occhio all’equilibrio tra vitamine, ferro e proteine (gli zuccheri sai non mancano mai :-) Poi il Geco si sistema la coda e va a letto perché è stanco e domani la sveglia è ancora alle 6. Buona notte!
Quella Maratona mi ha chiamato: “Sono Milano-Pavia, la Maratona. Ti offro la pace del mio percorso: tu vieni e corrimi, e butta giù quel muro.” E al richiamo della Maratona si risponde: “Cara Maratona, il tuo invito mi onora, nella tua pace mi impegnerò a dare il meglio di me. Non chiedermi un tempo, perché io vengo dalla corsa dell’eterno presente. Ho la sensazione di poter tenere un’andatura sulla tua distanza, farò questa prova nel silenzio dei tuoi pioppi. A presto.”
La partenza al Parco delle Cave, dove 200 silenziose anime di tranquilli e seri Runners aspettano il via. Tutti con la stessa corporatura dal fisico asciutto, qui non si scherza, siamo nel regno delle lepri di pianura. Partiti, scivoliamo via leggeri nel griogiolino milanese, primo obiettivo raggiungere il Naviglio. L’incrocio con la solita intolleranza della città, ma noi scappiamo via mimetizzandoci come grigi lupi che puntano alla campagna. Costeggiato il Naviglio Grande fino a Porta Ticinese, una curva e ci troviamo sulla riva destra del Naviglio Pavese: sulla riva sinistra sono pronti i rinforzi, un foltissimo gruppo di migliaia di Runners esultanti e pronti per la Gara Storica da 33 km. Proprio in quell’istante lo sparo, e il fiume di Runners comincia a scorrere impetuoso a lato del Naviglio. Poco più avanti il rivolo di Maratoneti si immette nel suo corso: ha inizio la festa. Chissà dove sono i miei amici, forse già più avanti: obiettivo è arrivare al traguardo per l’incontro. Oggi mi accompagna il fido Garmin, che ogni 2 km mi mostra l’andatura del mio passo: 5’20’’ dall’inizio alla fine, riuscirò? Per il momento procedo così, tutto può ancora succedere. Ecco l’amico Stefano e la compagna Paola, piacere! Il loro passo fresco e rapido, ci vediamo all’arrivo.
Lasciata la città, il silenzio cala tra i Runners e nel grigio umido della pianura si alza in volo la Gru: distende le sue grandi ali blu e comincia la sua lenta e costante planata verso Pavia sul filo del Naviglio. Il fido Garmin mi mostra sempre lo stesso numero, ma mi fa notare che mi attardo un po’ ai ristori quando ho tra le mani le scivolose bustine di gel. Oggi va bene così. Il silenzio attorno, la pace, non penso più a nulla. Sfoglio chilometri come pagine di un libro di favole popolate dalle fate che giocano a nascondersi tra i vicini pioppi. Il passo procede regolare senza cedere: nessun problema, nessuna crisi, è una giornata buona. Per far riposare un po’ le gambe provo a giocare con le sensazioni: ora mi concentro sul movimento del bacino, ora sul segnale che manda la schiena e controllo che il busto sia in avanti.
Al 40^ km si entra in città, qualcosa di frizzantino mi risveglia per l’allungo finale, e via! Le vie del centro storico, ecco di nuovo Stefano e Paola, ci lanciamo insieme per lo sprint finale. Gli ultimi metri, l’amico Stefano prende per mano la compagna Paola da una parte e la zampa del Geco dall’altra, e tagliamo il traguardo così, a braccia alzate, insieme! Bellissimo, che emozione! Ci abbracciamo in 3, siamo felici! Il mio tabellone segna 3h50’: per la prima volta sotto il muro delle 4 ore, che vale anche come 3^ posto di categoria, ma soprattutto mi soddisfa la regolare condotta di corsa ad un ritmo per me nuovo sulla distanza.
Il point con gli amici runnerST: fedeli alle nostre rispettive Squadre, oggi abbiamo corso anche sotto un’altra bandiera comune. Una foto insieme sullo sfondo del Ponte Coperto. Il mio pensiero sereno torna lassù: per oggi, missione compiuta.
Ciao Blogtrotters! Davvero poco il tempo per zampettare sui soffitti dei blog, ma qualcosa bolle nella pentola del Geco. Prima di tutto buoni risultati dagli esercizi in palestra per rinforzare il distretto superiore, che ne ha davvero bisogno! Er Califfo approverebbe. Immaginate poi una pista di atletica: il buio della sera, un po’ di nebbia, un po’ di luce arancione che viene dal vicino centro commerciale. E un Geco solitario che gira in tondo e fa gli esperimenti di meccanica, complici le nuove sensazioni da quell’altro paio di zampe che non sapeva di avere. La domenica alla luce del Sole: corse tranquille e non troppo lunghe, per non intaccare le piccole scorte di ferritina.
Programmi: potrebbero starci anche due Maratone last minute entro l’anno, salute permettendo ovviamente. Ma non da preparare con obiettivi di tempo: da correre e basta, confidando nel mio passo turistico, o ritmo LENIN (LENto e INesorabile) come dice l’amico Stefano (mi piace troppo questa espressione! :-) Vorrei che in questo modo la Maratona diventasse per me un evento naturale, come un sorriso.
Il suono della sveglia interrompe il sonno turbato dai pensieri di questo periodo. Nel buio, la sensazione di qualcosa di importante da fare. La Maratona! Sono a Siena e oggi c’è l’Ecomaratona del Chianti! Accendo la luce.
Sulla strada per il piccolo borgo di Castelnuovo, la luce del Sole illumina tenue i dolci profili delle colline senesi: solo a guardarle viene voglia di correrle, delicatamente. La partenza in piazza, dove silenziosi sorrisi attendono lieti l’inizio di questa nuova avventura. La stretta di mano al raggiante Mitico Jane, il saluto al caro Maestro, la foto con la Squadra, il piacere di respirare quell’atmosfera. Sensazioni simili a quelle provate alla Pistoia-Abetone: qualcosa accomuna l’Eco all’Ultra, forse quel misto di determinata pace e silenziosa forza della gente che le corre. Si alza il vento, i runners spiegano le ali e prendono il volo.
La partenza tranquilla, la Bellezza attorno. Le colline si estendono fino all’orizzonte, senza fine. La loro terra, di creta fine e colore chiaro, illuminata dal Sole prende riflessi che sembrano d’oro. Le foglie della vite cominciano ormai ad arrossire, vogliono riposare. Gli ulivi invece sono ancora carichi delle loro ricche perle scure.
Verso il 15^ km la stanchezza e qualche dubbio su come portare a termine la Maratona. Al 20^ km l’incontro con Isabella, simpaticissima e tostissima ragazza del gruppo dei Super Maratoneti: a 33 anni ha già corso più di 50 tra Maratone, Ultra ed Eco. I racconti delle sue avventure mi fanno sognare, con i piedi per terra e la testa tra le nuvole. Verso il 25^ km le mie gambe capiscono che sono lì per correre. Le raffiche di vento sono sempre più forti. Al 30^ km il gasamento è alle stelle: mi sento parte dell’ambiente che mi circonda, l’istinto mi farebbe ululare come un Lupo che corre libero in territori incontaminati. Piccolo calo di ritmo tra il 35^ e il 37^ km, il forte vento non dà tregua. Al 38^ mi arriva un’improvvisa carica di energia: come una scossa, non so da dove viene, ma mi fa divorare gli ultimi 4 km, travolgendo quel che resta di salite e discese fino al traguardo. Mi dicono il tempo: 4h51’, che vale anche come secondo posto di categoria.
Il ringraziamento a Isabella, piacevole e stimolante compagna per tutta la seconda metà della corsa. Il ritrovo con la Squadra, la foto con il grande Mitico Jane, i nostri sorrisi. Il Sole dipinge di arancione le colline al tramonto di questa giornata immersa nella Bellezza. Ma dentro di me, sento che è l’alba.
Come una barca nel buio mare in tempesta: obbiettivo tenere la rotta e saldo il timone.
Nel frattempo, ho cominciato a frequentare la palestra; sì, proprio quella con gli attrezzi, per rinforzare il distretto superiore. Già me ne accorgo: riesco finalmente a spostare la valigia, e durante le mie corsette sento segnali da muscoli di cui non avevo mai avvertito l'esistenza. Nel frattempo, ho deciso che domenica l'Ecomaratona del Chianti la faccio lo stesso, con un po' di incoscienza, senza allenamento ma come allenamento, per ritrovare un po' di quella resistenza generale che dev'essersi persa chissà dove. Obbiettivo: riuscire a portare a termine i 42 km entro le 8 ore, camminando in salita e corricchiando in discesa. Ne avrei proprio bisogno :-) A presto Blogtrotters!
In questo periodo ho dovuto aprire una parentesi alla corsa, che spero di poter richiudere quanto prima: un intreccio di problemi di una certa gravità ma comunque affrontabili mi hanno sottratto le necessarie risorse fisiche e mentali. Ritagliare un'oretta ogni tanto è quanto di più posso chiedere a me stessa in questo momento. Verranno tempi migliori. Nel frattempo spero che la corsa possa continuare a portare a voi quel piacere e quella soddisfazione che hanno fatto innamorare me. Nel frattempo il Geco continua a zampettare sui soffitti dei vostri blog. La Gru attende, ad occhi chiusi. Il Serpente attende, ad occhi aperti. E' un arrivederci :-)
Dopo 8 giorni a letto con l’influenza e 2 di lavoro nonostante la febbricola per importanti scadenze, eccomi partire molto prima dell’alba alla volta di Berlino. Il piacevole gironzolare con la Squadra, la visita all’expo. Giornata impegnativa, cominciata troppo presto e finita troppo tardi, al freddo.
La vigilia
Il fisico mi lascia di nuovo, non riesco a stare al passo del giro turistico, la vista si fa scura e le voci lontane, mi sento cadere e rientro in camera, per trascorrere a letto il resto della giornata.
Il giorno della Maratona
Il riposo è servito per recuperare un po’. Come turista, sono alla partenza della Maratona. Clima allegro e festoso. Là nelle gabbie gente più che normale: le Maratone, più sono affollate, più ne hanno dentro di tutti i tipi. Non valgo meno della gente che sta da quella parte del muro. Per quale motivo, ancora una volta, non posso essere di là? La salute, non posso farci nulla. I palloncini gialli si alzano in cielo. L’odore di maiale mi dà la nausea. L’attesa per i top è per fortuna breve: bello applaudire Haile, grande piccolo uomo dal volto segnato dalla fatica. E poi, ancora una volta, sono a far da spettatore alla solita passerella. I soliti volti di maratoneti, i soliti fisici che ogni quarto d’ora cambiano caratteristiche. Ognuno è il protagonista di se stesso. Un esaltato viene a chiedere il tifo per i suoi ultimi 200 metri: chi credi di essere, un eroe? Sei solo uno che ha la fortuna di essere da quella parte del muro, oggi. Sono passate 3 ore, la mia pazienza è già finita. Questa è l’ultima Maratona che guardo dall’altra parte. Saluto i tifosi della Squadra e mi allontano, guidata dall’istinto alla ricerca di un po’ di pace, ritrovandomi all’Isola dei Musei.
Il Pergamon Museum, un viaggio tra imponenti meraviglie come l’Altare di Pergamo, la Porta del Mercato di Mileto, la Porta di Ishtar. Una mostra speciale mi fa incontrare le antiche divinità greche: Artemide mi è sempre piaciuta, Dionisio pure, ad Atena chiedo se è ancora viva, ad Asclepio se con il suo bastone di serpente ogni tanto può pensare anche a me. Una curiosità: nel 6° secolo ac Dionisio era raffigurato come un uomo, con la barba; poi nel 4° secolo ac lo hanno ringiovanito ed effeminato, raffigurandolo come un ragazzino imberbe con la capigliatura che facevano alle donne; poi la loro civiltà è tramontata. Corsi e ricorsi della storia.
Da lì all’Alte Nationalgalerie: inutile pubblicizzarla per gli avanzi dell’Impressionismo francese, il suo vero valore sta negli artisti del luogo. Veramente meritevoli von Menzel e von Werner, le cui pennellate di Realismo denunciano tutto lo squallore che si cela dietro il perbenismo di un ignorante, falso e cafone potere costituito. Quanto mai attuale: non importa l’epoca, anche nei volti dell’Ottocento si possono leggere le solite squallide vicende di ingiustizie, di bastardi e di puttane. E in ogni quadro c’è un particolare che rappresenta l’artista: ora un dettaglio elegante che si discosta dal mare dei nobili cafoni, ora due occhi in un angolo che guardano pieni di rabbia l’osservatore dell’opera. Salite le scale fino al piano superiore, i Romantici cieli di Friedrich sembrano messi lì apposta per far respirare l’animo, aprendosi in una luce di speranza dopo un percorso cupo. È là, in quei cieli chiari, che vola la mia Gru. Rivoglio la Mia Corsa.
Quando esco il Sole sta tramontando: la giornata è finita, trascorsa in una dimensione senza tempo. Un viaggio in un insolito eterno presente che tanto mi mancava. Le campane del Duomo provano a riempire l’aria di note di speranza.
Il rientro
La visita a Berlino si chiude tra le macerie del quartiere generale delle SS. Una mostra fotografica è dedicata agli orrori progettati qui e destinati agli Ebrei. Mi colpiscono i volti dei dirigenti e degli ufficiali delle SS: non hanno le facce da cattivi, ma da pezzi di merda. Togliendo loro la divisa e facendo loro indossare un bell’abito blu, nero, o grigio, non si distinguerebbero dai membri delle attuali gerarchie. Quegli orrori mossi da fanatica ignoranza si possono ancora ripetere, anche oggi, anche qui.
I maratoneti del day after, mescolati tra i turisti, sfoggiano vistose maglie rosse da finisher che giustificano la loro andatura caracollante. Quando capiscono di parlare la stessa lingua, uno si rivolge al primo sconosciuto come ad un vecchio amico: “Hai fatto la Maratona?” “Sì!” “Quanto hai fatto?” Meglio voltare pagina, che domani devo andare a fare le analisi, per vedere perché fatico a reggermi in piedi.
Berlino
Cara Berlino, sinceramente non mi sei piaciuta, anche se meritavi di essere conosciuta. Mi immagino quanto grande e bella dovevi essere quando ospitavi i pensieri e gli studi di Hegel, Feuerbach e Planck, con le pennellate di von Menzel, von Werner e Friedrich, con le note di Mendelssohn. Poi ti hanno distrutto. Non hai più un’identità, stai ancora cercando di ricostruirti, abbattendo le tue vergogne, facendo la plastica alla tue ferite, cercando di imitare le tue belle e lontane cugine europee, di cui spesso finisci per essere una brutta copia un po’ pacchiana. Non sei “bella”, sensazione che mi hanno trasmesso altre città, non mi è rimasta la voglia di ritornare per correrti. Ciao.
Sono a letto con la febbre. E mal di gola, mal di testa, bruciore agli occhi, tachipirina, accessori vari secondo copione. E pensare che fino a due giorni fa stavo così bene. Berlino? Sono finite le parole, è rimasta solo qualche lacrima.
Finalmente domenica mattina. Stressante settimana per il Serpente, la delusione di rendersi conto che in questo Paese la legalità non è più di casa, nè ai vertici, nè tra gli infimi della gerarchia. Meglio saperlo quanto prima. Importante l'appuntamento con il Lunghissimo. Primi passi ancora tesi, poi la mente sgombra di pensieri lascia alzare in volo la Gru. E il passo si fa piacevole e leggero. Il tempo si ferma, i chilometri soffiano via. Due parole con podisti sconosciuti, come tra vecchi amici.
32 km di pianura in tranquilla e curiosa costante progressione, da 5'30'' a 5'10'', con un gel al 15° per non "raschiare il fondo" a 2 settimane dalla Maratona e qualche pausa per le informazioni su come ritrovare il percorso, perso nella tapasciata semi deserta. Sensazioni davvero belle, complice la giornata tersa e l'aria finalmente fresca. Alzando lo sguardo verso nord, le montagne, in un abbraccio da Lecco a Brescia, splendida nitida vista concessa in rari momenti dell'anno. La loro voce: "Arrivederci! Noi adesso andiamo in letargo, ti aspettiamo la prossima primavera per lunghi sogni insieme, senza spazio nè tempo. Ma quest'inverno, qualche volta, vieni lo stesso a trovarci. Ciao!"
Le uscite al Parco: importante scoperta, bell'ambiente, mi piace, ci sono tanti runners, ci si sente a casa. L'amico Sole mi corregge nell'ombra la postura e mi invita a non far oscillare le braccia come in Geco dance, per poi tramontare tranquillo tra gli arbusti sul fiume.
La corsa della domenica: non competitiva a Osio Sopra (BG). Da programma un medio, in pratica dopo il riscaldamento arriva la pioggia che manda in tilt il Garmin. Corsa a sensazione, visto che lo schermo mostra solo la percentuale di batteria carica... Dovrei bloccare la ghiera. Ma in fondo meglio così, preferisco non sentire tempo nè spazio. La registrazione però c'è: allenamento riuscito, il ritmo un po' più allegro del dovuto, ma vista la popolazione di ganzi runners attorno, più che giustificato! ;-)
Ora provo a rigar dritto, ho iniziato a fare i compiti. Avrei cominciato anche prima, ma con quella zampa non ci riuscivo. Qualche timore, però il Maestro me li ha assegnati belli, così da sentirli impegnativi ma alla portata. Su, c'è poco tempo per "preparare" la verifica di settembre, obiettivo sufficienza. E già che ci sono, provo anche il corso di "tedesco in 30 giorni", così imparo qualcosa. A presto Blogtrotters!
Forze oscure minacciano la sopravvivenza del Geco. Per difendersi, bisogna saper attaccare. E nel Geco si risveglia il Serpente: rientrano le zampe ed escono i denti. Striscia silenzioso, ondeggia sinuoso, si insinua negli anfratti del nemico e con occhi di rubino osserva a distanza. Quando è il momento, sferra l'attacco, affondando i denti in una stretta morsa, che si allenta solo alla resa. Dopo la battaglia dal sapore del disgusto, il rientro in terre serene. Rispuntano le zampe: per tornare a correre, felice come un Geco, nel caldo arancione del tramonto.
Spinone al Lago - Leffe - Spinone al Lago (BG), 23 Agosto 2009
Ne ho proprio voglia. Partiamo: io e il mio Camelbak, aggrappato come un koala, e nient'altro. Usciamo in solitaria pace, su e giù per 29 km di silenziose vallate bergamasche: Val Cavallina, Val Rossa, Val Gandino, le antiche vie tra le montagne, oggi dai più dimenticate. Piano piano, quella corsa senza tempo, forse con quel passo che il Maestro chiama scherzosamente da vecchina, ma è quello che fa rientrare le gambe nei binari e fa alzare gli occhi al cielo. Il Sole, per non farmi stancare, aspetta il mio rientro prima di scoprirsi dal suo velo di nuvole: davvero gentile, lo ringrazio tanto. Per oggi, null'altro da desiderare. Domani è un altro giorno, si vedrà.
Venerdì mattina, la sveglia alle 5.30. Poco dopo le 6 si spengono i lampioni, e il Geco esce dalla tana per la sua prima corsa mattutina. Alla sera, in questi giorni, è impossibile: alle 8 ci sono ancora 35 gradi, e alle 9 è già buio. Che silenzio i primi passi, nessun rumore sulla strada. Verso i campi, un paio di contadini azionano gli impianti per l'irrigazione del granoturco. Temperatura di 24 gradi, buona. Faccio fatica a correre, le tre settimane di stop si fanno sentire, però la caviglia regge bene. Poi la sorpresa, il momento più bello. Corro, davanti a me la strada, dritta dritta tra ondulati e silenziosi campi di granoturco maturo, con i loro altissimi archi d'acqua. Dalle colline all'orizzonte si alza il Sole, con le braccia aperte per abbracciarmi. Gli archi d'acqua brillano, e io continuo a correre, incontro al Sole, per saltargli in braccio e dirgli "Buongiorno!". Ora posso andare a lavorare.
L'infortunio, l'assenza dalla corsa, la sofferenza (non tanto quella fisica, sopportabile, quanto quella mentale). Le attività alternative per guardare dentro se stessi fino a sorriderne. L'orizzonte si fa trottola. Un'altalena tra energia positiva e paura: la prima fa sprizzare di entusiasmo e inventiva, la seconda fa il vuoto e fa quasi sentire sull'orlo di un precipizio. La battaglia si combatte dentro se stessi e bisogna vincerla, per non soccombere. Dal commento al post di un amico blogtrotter: il primo passo verso l'annientamento dell'infortunio e dei vespai di negativa preoccupazione che solleva dentro. Per non farsi prendere in giro da quello che il buon Cartesio chiamava genio maligno ingannatore. Il Geco è sveglio e ha in mente un obiettivo, guidato dal Serpente e dalla leggerezza della Gru. Il primo piccolo passo per poter riprendere.
Come gestire la forzata assenza dalla corsa. Per una caviglia che fa i capricci e un tibiale che non vuole tenermi su. E soprattutto per gestire la propria mente e imparare a non pigliarsi (troppo) male.
Autotrattamento Reiki - metodo di autoguarigione mediante riequilibrio dei 7 chakra.
Autotrattamento di Emotional Freedom Technique - metodo di autoguarigione picchiettando per il riequilibrio dei meridiani.
Con il sottofondo di un bel mantra di autoincitamento per il ritorno del Geco nel suo amato mondo della corsa. Una macedonia di tecniche fino ad ora per me sconosciute. Non so perchè, ma funzionano, e io mi sento meglio: attitudine mentale più positiva e minore percezione di dolore e fastidi. Ora voglio provare a visualizzare mentalmente un allenamento, ad immaginarmi in corsa: la scelta del luogo, cosa vedo intorno, la concentrazione sulla postura e la tecnica di corsa, le sensazioni alle diverse velocità, le emozioni. Vado. Ad occhi chiusi, sdraiata sul letto. Per vedere di nascosto l'effetto che fa.
Livigno, al seguito degli atleti della Squadra che hanno partecipato alla classica mezza in altura. Il Geco è oggi tra gli accompagnatori, perchè infortunato. Strana silenziosa sensazione alla partenza: quanti marziani, dai volti aggrottati, che pare vadano alla guerra, in ansia contro le proprie prestazioni per un paio d'ore di corsa, mezz'ora più, mezz'ora meno. Pochi i volti che vengono in pace. Il Geco viene da un altro mondo. Il Geco è ora tra i tifosi. Ma non con gli umani, in piedi al lato della strada, bensì con i cani, accucciato nell'erba per via di una zampa che non lo tiene su. Carini, si gasano, pure loro vogliono fare il tifo per i runners: abbaiano scodinzolando mentre gli umani gridano battendo le mani. Tra gli incontri del Geco. Ci sono umani che hanno la sensibilità della carta vetrata in un uso improprio. Ci sono umani che ti sanno sorridere nella loro sofferenza, e che si rialzano sempre. Ci sono gli amici. Ci sono bellissimi fiori gialli tra l'erba.
Mai accontentarsi di un solo punto di vista. In cerca di altri pareri, per avere conferme e per una soluzione il più possibile rapida al problema, mi viene fatta la seguente osservazione: la dinamica dell'accaduto fa pensare più a un tendine fuori posto. Il fatto che sia successo dopo un'ora e mezza di corsa (e ai miei ritmi, ndr), il fatto che sia successo in un tratto semplice, il fatto che dopo abbia proseguito la corsa senza problemi e che sia andata in giro per prati tutto il pomeriggio: un guaio al muscolo avrebbe dovuto manifestarsi subito, non due giorni dopo. Tastando piano piano i vari tendini, rimettendo gentilmente in sede i tratti fuori posto... risultato: il giorno dopo non zoppico più camminando e riesco quasi a scendere le scale. E sotto il ginocchio non fa più male. Vero è che non sono nuova a questi acciacchi: l'anno scorso, sempre per una storta, ma in pronazione, mi erano andati fuori posto i tendini nel lato interno della gamba, dalla caviglia all'inguine. E il dolore che mi bloccava la caviglia era passato dall'oggi al domani, rimettendo in sede proprio il tendine che arriva su all'inguine. Vai a capire come sono questi collegamenti. Ora il dolore è localizzato alla caviglia: sensazione di un blocco che se tento di forzare, scendendo le scale per esempio, mi dà una fitta lungo tutto il tibiale. Dove sarà l'inghippo? All'anca o sotto il piede? Intanto schiocca tutto. Intanto grazie Sherlock Holmes! Le indagini continuano, "Elementare, Watson!".
E poi succedono sempre in un modo così stupido. Durante l'ultima corsa, in un tratto di asfalto piano, senza sapere come, appoggiare male il piede destro, cedendo verso l'esterno, come in supinazione. Al momento nulla, continuare la corsa come se niente fosse. Il giorno dopo tutto ok, verso sera un fastidio e l'indomani il dolore, la fascia laterale esterna della gamba.
Ora fa male a camminare, trascino la gamba con il piede a martello, dondolando come un'oca, e non riesco assolutamente a scendere le scale (rimedio: le faccio in retromarcia). Movimenti banali come infilare o togliere le ciabatte mi danno forti fitte. Non riesco a distendere il piede, a ruotare il piede verso l'interno. Mi hanno detto che è una lesione muscolare al tibiale anteriore destro, e che devo stare ferma almeno 2 settimane!!! Nooo... proprio ora che era il momento di cominciare, con il programma a pennello, con l'agosto che è l'unico mese dell'anno in cui si può correre in giro tranquilli! Chissà se ce la faccio a riprendere per arrivare al traguardo di Berlino a settembre. Il Geco ha la coda tra le zampe. Però a Livigno va lo stesso, rinuncia alla corsa ma non alla compagnia della Squadra. Blogtrotters, avete esperienza di questi acciacchi? Cosa posso fare? Buona corsa a Voi.
Il Geco è tornato nella sua terra. La sera sdraiato sull'erba, con il naso all'insù, sotto una coperta di stelle, avvolto da una quieta oscurità che sembra voglia dire "non aver timore di corrermi". Ci penseremo. Un dolce pensiero accompagna la breve notte.
La mattina è pronto per la corsa, una tapasciata di 18 km tra i boschi della Val Cavallina. Senza tempo, nè orologio, oggi non serve. I sorrisi dei podisti di fronte al succinto abbigliamento estivo, il silenzio alla prima tosta salita: uno stretto sentiero che sale ripido nel bosco per 8 km, con la terra che si alterna ai salti su gradini di sasso. I pensieri vagano liberi senza meta, con i piedi per terra e la testa tra le nuvole. Poi il brusco richiamo al presente, la discesa impone prudenza: i tratti pericolosi abbracciando gli alberi per non scivolare, i sassi appuntiti sui quali anche le Kayano chiedono pietà. Una gran bella corsa, che il Geco tiene sempre segnata nel suo calendario.
Un po' di falce, il fieno per le pecore. I liberi pensieri vanno ora alla Squadra: domenica prossima saremo ancora insieme, che bello! Destinazione Stralivigno. A presto Blogtrotters, buona settimana!
Grazie Maestro, per l’attenta regia di questa seconda splendida vacanza trascorsa insieme, intensamente vissuta in ogni suo attimo, sulle ali della tua imprevedibile fantasia.
Grazie Maestro, per i preziosi e coinvolgenti insegnamenti, colorati con vivaci pennellate di simpatia.
Grazie Maestro, per la vigile e sicura presenza, per l’aiuto e la pazienza, in quei momenti di difficoltà per chi non sempre riesce a stare al guizzo dei pesci.
Grazie Maestro, per il rassicurante sorriso e la saggia comprensione, di fronte al cedere alle emozioni di chi è scosso d’amore per quella corsa che rapisce il pensiero e infonde la pace.
Grazie Maestro, per la mediterranea bellezza, nascosta e selvatica, dei luoghi che ci hai fatto scoprire correndo al tuo fianco. Tra gli arbusti della Macchia, sulla pelle ruvide carezze, agli occhi intensa luce.
Grazie Maestro, per quelle sane risate che fanno stare bene insieme. Per i sassi dalle dolci forme colorate, per il profumo del rosmarino fiorito.
Grazie Maestro, per la possibilità di riscoprire quell’intensa umanità, ormai così rara, che sempre nasce nelle tue Training Holidays e che ci fa salutare scodinzolando, con gli occhi lucidi, sognando la prossima volta.
Il Geco è tornato, scodinzola e ha gli occhi lucidi. Prossimamente il racconto delle sue splendide Training Holidays all'Isola d'Elba. Un saluto a tutti i Blogtrotters!
Il Geco va in vacanza, ritorna all'Elba, a correre tra gli arbusti della macchia. Ritorna dal Maestro, figura straordinaria, come professionista e come persona, capace di dare valore alla lepre come alla tartaruga, purchè mosse da un sincero amore per la corsa. Il racconto della vacanza dell'anno scorso è ancora sul suo sito, a questa pagina.
Vacanza in cui non si sta fermi un secondo, esplorando nuovi angoli di Paradiso, con le scarpe da corsa, la bicicletta, o qualche bracciata di nuoto, con nuovi amici entusiasti per la stessa passione. Arrivederci Blogtrotters, a presto!
Il pensiero è rimasto là, come un gomitolo abbracciato a quell'Abetone. Per convincerlo a scendere, tra marmellata di ribes e grigliata, l'idea della prossima meta, il mare. L'orizzonte si illumina, e mentre si distende sereno lascia intravedere nuovi lontani miraggi. Ci vorrà un po' di tempo per recuperare le energie, fisiche e soprattutto mentali.
Tranquillo giretto pianeggiante lungo la ciclabile del Cherio, piccolo fiume che percorre la Val Cavallina dal Lago d'Endine fino a raggiungere l'Oglio. L'aria un po' rinfrescata dal temporale serale, 17 k piacevoli, da Spinone al Lago a Entratico e ritorno. Le cartoline per i Blogtrotters, e buona settimana!
La vigilia. Il viaggio, il pranzo con le prelibatezze su tagliatelle dei fungaioli pistoiesi, nonchè organizzatori della Pistoia - Abetone, il tranquillo agriturismo fuori città. Il pomeriggio convegno sull'Ultramaratona nella sala del Consiglio Comunale di Pistoia, organizzato da Fulvio Massini: "L'Ultramaratona si corre con se stessi, non contro se stessi: bisogna volersi bene." Sento che il motto della corsa è "il sapore della sfida", la mia risposta è "vengo in pace". La sera spaghetti al polpo e fettuccine al ragù, deliziose piume a 5 stelle nel cuore della città. La notte di sonno tranquillo. Strani sogni, nulla a che vedere con la corsa, bensì ragazzi, chissà dove le prende la mente certe cose.
Il blogpoint. La mattina in Piazza Duomo, grazioso salottino brulicante di ultramaratoneti. Della Squadra oggi siamo in due, concentrati e felici. Da lontano le inconfondibili divise azzurre del CAI Pistoia; mi avvicino, ed ecco la mitica Franca! Che bella espressione raggiante, trasmette un vulcano di positività! Le chiedo in prestito la vaselina, la salvezza di fronte alla mia dimenticanza (grazie Franca!). Gli altri blogtrotters: il sorriso e i nastri di Monica, lo sguardo nascosto di Fabiodelpià. La stretta di mano ad Antonio Mazzeo, la grandezza dell'uomo che stringe il cuore. Mi avvio alla partenza, a polsi nudi, nel mio cantuccio delle retrovie.
Da Pistoia a Le Piastre. I primi tranquilli passi dopo lo sparo nel caldo umido della città, fortunatamente rinfrescato dalla pioggia del sabato. Ben presto si sale e il clima si rinfresca, dove gli ulivi lasciano il posto a rigogliosi castagni. Le Piastre arrivano rapidamente. Poi, girato l'angolo, si apre uno scenario meraviglioso: la valle del Reno, qui ancora piccolo torrente che accompagna con il suo fruscio lo scivolare dei podisti lungo la leggera discesa. Un tratto incantevole.
Verso San Marcello. Girato ancora l'angolo, si riprende a salire, tra graziosi paesini e gradevoli tratti sterrati. Ad un ristoro, mi ritrovo all'ombra con in mano un bicchiere di the e in bocca una fetta con la marmellata. Credo di averla presa io, ma non mi sono accorta: in certi momenti l'istinto prevale alla ragione. Mi bagno ad una fontana. Scambio due parole con un'anziana signora in villeggiatura, mi sorride, vorrebbe correre anche lei. Le sorrido anch'io, la saluto e riparto. Si sale ancora, e all'improvviso si apre uno stupendo anfiteatro sui monti in quota. Laggiù un paese, dev'essere San Marcello. Lassù, da qualche parte, la meta. Gradevole saliscendi all'ombra di tigli e castagni, la pace. Che meraviglia. Anziani appenninici salutano con i loro bastoni tremolanti, sorridono, fanno tenerezza. Ripida discesa tra prati e ciliegi, parola d'ordine prudenza, e le ginocchia restano tranquille. Il sole è alto, il caldo cresce.
La salita all'Abetone. Dopo il traguardo di San Marcello e l'incitamento verso chi indossa il pettorale rosso, la strada si fa quasi deserta. Continua la discesa, sembra non finire più. Obiettivo arrivare al 33° km, il punto più basso prima di risalire. Qui l'appuntamento con l'assistenza, mio papà; tolgo gli indumenti bagnati, ne indosso di asciutti per intraprendere il tratto più impegnativo. Ottima idea. Via Modenese, le casette rosse dell'Anas portano scritto "strada statale dell'Abetone e del Brennero", wow, mi pare d'essere un antico viandante in un mitico viaggio attraverso l'Appennino. I primi chilometri passano tranquilli, poi i capogiri mi fanno girare tutto intorno. Comincio a camminare, e la situazione pare migliorare. Le gambe vorrebbero andare, ma io non riesco a seguirle. E come sempre e solo accade nelle Ultramaratone, nei momenti di crisi vince la solidarietà umana: ci ritroviamo in gruppetto, camminiamo e ci scambiamo due parole che ci tirano su a vicenda, come se ci conoscessimo da sempre. Un ragazzo di Pavia racconta del suo Passatore, del suo Adda la settimana prima, e mi raccomanda di stare al lato della strada perchè è pericolosa. Alterniamo il passo spedito sui tratti più ripidi ai passi di corsa dove la salita pare cedere un po'. Una nuvola mandata dalla Provvidenza riporta il fresco sui nostri capi, facendoci quasi riprendere le redini del pensiero. In un bosco fitto e buio, con alberi dai tronchi altissimi come non ne ho mai visti, un tabellone porta il primo riferimento temporale della mia avventura: segna 5h:15', non ricordo che chilometro fosse ma ne ero soddisfatta. Avanti a passo e corsa, si continua a salire, il tempo non lo sento passare, è un eterno presente. Ricompaiono le case, un cartello dice che l'Abetone è vicino, la salita si ammorbidisce, ricomincio a correre, una lunga fila di birilli arancioni, le voci della gente come una doccia fresca, vedo l'arrivo, vedo mio papà, sento annunciare il mio nome, con l'acca, esplodo di felicità, ce l'ho fatta! Sono arrivata sull'Abetone, in 6h:27'.
All'arrivo. I complimenti a Franca, i complimenti alla Squadra. Sono felicissima. Si riparte verso casa, scendendo dall'Abetone verso Modena, che strada bellissima! Un panorama d'Appennino che dall'alta quota scende pian piano fino alla pianura!
Uno sguardo alla classifica: 356^ su 522 arrivati, 27^ su 50 donne arrivate (e questo mi riempie di soddisfazione!). Un confronto con i tempi di Maratona, per capire qual è il mio risultato: io sono da 4h:10', sulla 50k la differenza con un 3h:30' è ancora 40', con un 3h:40' è 17', allora mi sono difesa. Grande soddisfazione il sentirsi subito bene, già dal giorno dopo, senza mal di gambe. Solo un po' di voglia di dormire! ;-)
E sono qui. Esperienza indimenticabile, bellissima e dura. Lascia un nuovo modo di vivere la corsa, il tempo, la distanza. Lascia la curiosità di scoprire il suo mondo. Lascia la voglia di ritornare. A Voi il fotoracconto.
È giunta l'ora dei preparativi. Il bagaglio di tutta la pace raccolta durante i lunghi allenamenti in solitaria. Per ritrovare quella dimensione senza tempo, e correre senza rendersi conto dello scorrere delle ore, in un eterno presente. Unico fine la meta, unico mezzo la corsa. Sorridere, e incrociare le dita.
Partenza con la Squadra per una tapasciata in zona. Bella giornata fresca, 20k di tosto saliscendi per i boschi della Val San Martino, tra le province di Bergamo e Lecco. Il Geco è uscito dalla tana per un tranquillo giro ad occhi socchiusi. Percorso stupendo, a tratti però pericoloso, in discesa su mulattiere di sassi e fango lasciato degli ultimi acquazzoni: qualche protesta dalle ginocchia, qualche tratto al passo abbracciando gli alberi per non scivolare. All'arrivo condizione buona, la prima settimana di letargo è servita per recuperare un po' dalla stanchezza, però ne serve un'altra: il Geco è ancora stanco, si è girato dall'altra parte e ora continua a sonnecchiare.
Le ginocchia mi hanno pregato di non correre più in discesa, e ho pensato che era meglio accontentarle. Obiettivo di oggi arrivare alle antenne, e grazie a mia mamma che ha accettato di venire a prendermi sulla cima del Monte Linzone. I primi passi nell'aria delle 7, già calda e umida, con il Sole già alto e il fido Camelbak riempito ben bene.
In totale 25k, di cui 5 per arrivare ai piedi del monte e 20 per superare il dislivello di 1000 metri, con due strappi, uno all'inizio e uno alla fine. Una gran fatica per ogni salita, fortunatamente condivisa a tratti con numerosi e simpatici ciclisti.
Mia mamma mi anticipa a 4k dalla cima, e mi trova già stravolta, mentre mi trascino su corricchiando come uno zombie. Le lascio il Camelbak, già consumato e ricaricato, inzuppato e pesante sulla schiena, sciolgo le spalle, un bel peso in meno da portare. Proseguo la fatica. I ciclisti, diretti sulla cima o già lanciati in discesa, capiscono, e i loro cenni mi fanno sorridere. Gli ultimi tornanti, e finalmente il traguardo al passo. Una foto, e si torna giù in macchina. Le ginocchia ringraziano, mentre spero di non aver combinato ancora carpaccio di Geco. Questo era l'ultimo allenamento in programma per l'Abetone.
Alcune considerazioni: i chilometri di oggi erano solo la metà, ma la fatica è stata davvero tanta. Sarà necessario prima di tutto gestire meglio il carburante. Fortuna che non ci sarà il Camelbak, ma ristori e spugnaggi. Non so se riuscirò ad arrivare su quella cima: se sarà come è stata oggi, mi fermerò ai 30k, già bello così. Ora il Geco va in letargo; ha puntato la sveglia, all'ora dell'Abetone.
Il Linzone visto dalla partenza (le antenne dove c'è la freccia, nascoste dalla foschia)
Un caloroso benvenuto a tutti gli amici che vorranno condividere su questo mio blog la comune passione per lo sport di resistenza: corsa, bici, nuoto, sci di fondo, triathlon e winter triathlon...
...non parlerò, non penserò più a nulla: ma l'amore infinito mi salirà nell'anima, e me ne andrò lontano, molto lontano...
I nostri chilometri sono come i baci di Catullo...
Da mi mille, deinde centum, dein mille altera, dein secunda centum, deinde usque altera mille, deinde centum. Dein, cum milia multa fecerimus, conturbabimus illa, ne sciamus, aut ne quis malus invidere possit, cum tantum sciat esse