Alla vigilia del mio primo triathlon su distanza olimpica la situazione non è delle migliori, con una decina di giorni senza allenamento a causa di una brutta enterite prima e di una fastidiosa sinusite con raffreddore e mal di gola poi. Il verdetto del venerdì dice antibiotici, il sabato la gola migliora, ma il resto rimane così così: ok, andiamo e proviamo. Fatico a realizzare che l’indomani ho una gara: sarà la stanchezza, ma non ho nemmeno le energie da spendere per la tensione pre-gara. Ivrea è una bella cittadina, la verde campagna del Canavese è meravigliosa. Dev’essere bello pedalare e correre da queste parti. L’alloggio nella villa del Primo Novecento è fantastico: ampi e bellissimi ambienti, arredati con gusto, per una cenetta tranquilla e una notte di riposo. Qualche difficoltà a respirare, ma il mio compagno previdente mi ha preso lo spray di Rinazina: qualche spruzzata, finalmente respiro e mi addormento. La mattina mi sento meglio: dai, ci proviamo.
Circa 400 atleti per la prima edizione del Sirio Tri Race, triathlon su distanza olimpica con frazione di nuoto nel lago Sirio. Lo scenario attorno è bellissimo, la giornata si preannuncia soleggiata e calda. Gli organizzatori annunciano che nella prima batteria partiranno atleti elite e donne e nella seconda batteria gli uomini age group. Mi preoccupa un po’ quell’orda che arriverà in acqua alle spalle, ma non c’è più tempo per pensare, è ora di partire.
Prima frazione - 1500 metri nuoto. L’impatto con l’acqua del lago è molto piacevole: non ha quel classico odore dell’acqua di lago, ha un profumo leggero, è chiara, per questo il lago Sirio è considerato il più pulito d’Italia. La frazione prevede il giro del lago. Punto la prima boa gialla e riesco e tenere la traiettoria diritta, raggiungo un paio di donne e procedo vicino a loro, vedere un’ombra umana nell’acqua è comunque una compagnia. Alle boe successive arrivo un po’ larga e cerco di aggiustare la traiettoria stringendo un po’ il giro. Da dietro cominciano ad arrivare gli age group: non voglio trovarmi in una tonnara e mi sposto di nuovo all’esterno. I nuotatori davvero forti passano vicino senza sfiorare, come delle anguille. Quelli meno bravi danno qualche manata: appena mi sento toccare i piedi scalcio più forte, in modo da far capire che “qui ci sono io”, così si spostano a lato. Arrivo nel gruppo fino alla piattaforma di uscita, dove gli organizzatori ci danno una mano a salire: gentilissimi, grazie! Mi dirigo alla zona cambio con fastidiosi capogiri: sarà la sinusite, ma meglio muoversi con calma. La scorta di fazzoletti, un primo ristoro, e si può partire in bici. I corridoi della zona cambio sono molto stretti e affollati, per uscire prendo in braccio la mia Lady e la porto fuori scavalcando le rastrelliere, attenta a non scivolare con le scarpette da bici.
Seconda frazione - 42 km bici. Bentrovata Lady! Già alle prime pedalate, le prime difficoltà: un discesa sul pavè. Scendo piano, la mia Lady trema tutta, fatico a tenerla e mi fanno male le mani. Finalmente l’asfalto. Nei primi km di pianura recupero un paio di posizioni: oggi le gambe girano bene, da subito, sarà per il lungo riposo forzato! Mentre alla scorsa gara riuscivo a tenere i 30 km/h solo in scia, oggi pedalo a 32 km/h da sola, senza particolare fatica. Le campagne del Canavese sono bellissime e le strade chiuse al traffico permettono di gustarsi appieno la pedalata. Verso metà percorso una salita di circa 4 km al 10%, impegnativa. Poi la discesa, affrontata a 30 km/h, che per me significa “lanciata”, data la paura che mi fa! Il bello viene dopo, su un tratto pianeggiante dove riesco a lanciare la mia Lady fino ai 42 km/h, divertendomi come un bambino e recuperando qualche posizione persa in discesa. I saliscendi nei piccoli paesi sono molto piacevoli, anche per il caloroso tifo degli abitanti dei piccoli borghi. I km scorrono veloci ed eccomi di nuovo in zona cambio. Chiedo gentilmente permesso tra le rastrelliere, ma il passaggio tra le bici si fa troppo stretto e prendo di nuovo in braccio la mia Lady per portarla al suo posto. Nuova scorta di fazzoletti, un secondo ristoro e via, pronti per la frazione di corsa.
Terza frazione - 10 km corsa. Ecco perché in bici si stava bene e non si sentiva nemmeno l’aria… Che caldo! Il sole è nel suo punto più alto, dev’essere mezzogiorno. All’impatto con il terreno le gambe sono un po’ stanche , fortuna che ai piedi ho le Kinvara, morbidelle e rimbalzine! Il percorso non ha un metro piatto, è tutto un nervoso saliscendi. Sento il caldo, la stanchezza, poi penso agli amici runners che nello stesso momento stanno affrontando gli ultimi 17 km di salita all’Abetone: stringere i denti ed andare avanti. Il ricordo di quei momenti di crisi vissuti nella ultra, quando ci si trova faccia a faccia con la sofferenza, è di grande aiuto nella gestione di questi momenti. Mi accorgo che, senza saperlo, ho ingranato quello stesso passettino che avevo nelle lunghissime distanze: più lento trotterellare che correre, ma ho la certezza che questo mi porterà fino al traguardo. Sorpasso alcuni uomini, grandi e grossi, alti, con le spalle larghe, che camminano: capisco che questa è una frazione di testa, non di muscoli. Sento i brividi nella schiena, oltre a qualche capogiro: questi sono gli scherzi del caldo, procedo a zig zag ricercando ogni minima ombra sulla strada, ai ristori bevo molto e mi bagno la testa, il collo, i polsi. Apprezzo l’organizzazione della gara: i volontari sono a tutti gli incroci per indicare la strada, con parole di incitamento a cui rispondo ringraziando. Ecco l’ingresso al centro storico, finalmente in ombra! Le gambe sentono aria di arrivo e aumentano il ritmo, superando altri atleti in crisi che camminano. L’ultima curva, ed ecco il traguardo! Finisher al mio primo triathlon olimpico! Me lo merito: oggi sono stata brava, non era per nulla facile. Il tempo finale non lo so, non porto l’orologio, a cosa mi servirebbe? Aspetto le classifiche.
L’abbraccio al mio compagno, che ringrazio per tutto il sostegno e l’aiuto nel realizzare le mie piccole grandi imprese, oltre che per le bellissime fotografie a ricordo di questa bella avventura. Squisito pranzo a base di pesce al ristorante sul lungolago, oggi più che meritato.
Il giorno dopo. La risposta del fisico è positiva. Le gambe stanno molto bene, sono sorpresa. Mi fanno male le braccia: sarà per il nuoto o piuttosto per tenere le redini della bici sul pavè. Sento una generale stanchezza. Il raffreddoraccio c’è ancora, ma ora ha tutto il tempo per guarire: per le prossime due settimane riposo assoluto, compreso qualche giorno di vacanza al mare. Il Geco è stanco e vuole riposare: vi saluta scodinzolando e vi lascia le fotografie della gara e la tabellina di giugno. Arrivederci al mese prossimo!