mercoledì 19 marzo 2025

La Festa del Papà

Oggi è la Festa del Papà. L'occasione per raccontare una storia.

C’era una volta, tanti anni fa, una ragazzina che andava a scuola. Durante l’ora di ginnastica, non era presenza gradita in squadra, perché non faceva i punti per vincere. Le veniva chiesto di eseguire un gesto, e su quello era valutata, ma non le veniva mai spiegato come il gesto andasse eseguito, e non le riusciva spontaneo, senza insegnamento. A qualcuno la cosa faceva ridere. La domenica mattina la ragazzina andava a correre alle “non competitive”, che oggi si chiamerebbero “manifestazioni ludico motorie” o semplicemente “tapasciate”.  Che bello correre, come si stava bene correndo! Andava perché ci andava il suo papà, che si allenava per le maratone. Mentre la mamma scriveva la sua tesi di laurea in pedagogia sul “valore educativo” di quelle cose. Era un ambiente molto bello: tante persone felici, che correvano e ridevano, nessuno pretendeva niente da loro, ma ciascuno di loro aveva un obiettivo con sé stesso.  Era un ambiente che accoglieva tutti, molto inclusivo.  “Inclusione”: ci doveva proprio credere quel papà cardiologo che raccontava la prima volta alla maratona di New York di un paziente trapiantato di cuore, o la 100km del Passatore di un paziente infartuato. Ma i racconti che più facevano sognare la ragazzina erano le avventure sugli sci di fondo, in particolare quelle nel “Grande Nord”.

Raggiunta la maggiore età, la ragazza si scrollò di dosso l’ignoranza del sistema scolastico e divenne finalmente libera di godersi l’attività sportiva che le piaceva. Le corse divennero lunghe pause solitarie nei boschi vicino casa, tra un esame universitario e l’altro.

Diventata ormai giovane donna, un giorno chiese al suo papà: “Ma secondo te ce la faccio a correre la Maratona di Roma?”. “Certo!” fu la risposta. E tre mesi dopo, Roma fu. "Ma secondo te adesso ce la faccio a correre una 50km?”. “Certo!”. E due mesi dopo, 50 fu. La giovane donna si era ormai innamorata di quelle lunghe distanze. Per un po’ di tempo ebbe la fortuna di condividere avventure davvero piacevoli con un gruppo di amiconi che avevano la stessa passione: “la Squadra”, da voler bene a tutti. Poi, gli alti e bassi della vita, la salute che non sempre c’è. Ma quell’amore aveva ormai trovato dimora nel suo cuore, e da lì continuava ad ardere. Se non poteva essere corsa, allora diventava altro, ma sempre con lo stesso spirito, quello dell’endurance. E divenne bici, nuoto, sci di fondo, triathlon. La ricerca di nuove esperienze, il miglioramento continuo, imparare dai propri errori, alzare l’asticella, sognare e vivere i propri sogni. E godere di quel piacere che tutto questo dà. Partire per grandi distanze in solitaria, che più sono lunghe fuori, più diventano profonde dentro.

Sono passati diversi anni. Ora quella persona sogna tanto e parla poco, il più delle volte solo ad obiettivo raggiunto. Ma questo semplicemente perché, prima di un grande impegno, ha bisogno di raccogliere la massima fiducia in sé, e parole di preoccupazione, anche quelle di un genitore, non ne deve sentire. Se oggi quella persona si realizza e trova la felicità nel suo mondo sportivo, sa di ringraziare il suo papà, e la fiducia che le ha dato.




martedì 11 marzo 2025

Engadin Skimarathon 2025

Nuova avventura “unsupported” sugli sci stretti: destinazione Svizzera per la Engadin Skimarathon, 42km dal passo del Maloja fino a S-Chanf, passando per St. Moritz, Pontresina, Samedan. L’occasione per vedere tutta l’Engadina in una volta sola. Evento internazionale, 14 mila atleti al via, organizzazione impeccabile (davvero complimenti agli Svizzeri). Atmosfera festosa, bella, bellissima: quando senti sorridere in tutte le lingue del mondo, e questo ti fa sentire a casa. Vedo attorno persone simili a me, che amano le stesse cose, e questo mi fa stare bene.

La partenza al Maloja ha qualcosa di surreale: il sole sorge da dietro la montagna dissolvendo la nebbia sul lago ghiacciato, sulle note di Vangelis - Conquest of Paradise.  E gli atleti sulla linea di partenza vedono davanti a sé proprio un bianco paradiso, che invita ad essere attraversato.

Il livello dei partecipanti è alto, anche partendo nelle retrovie. Vedo donne danzare sugli sci in quella pianura sconfinata: osservo loro perché, mentre il gesto degli uomini è più basato sulla forza, quello delle donne è più basato sull’equilibrio. Io mi sono allenata sulle Orobie, dove non ci sono pianure, e qui ho tutto da imparare. Poi arrivano le salite. La prima, ripida, al km 13, ha dell’incredibile: è il primo “imbuto” del percorso e mi obbliga ad un’attesa di oltre 30 minuti perché le guardie fanno salire gli atleti in fila indiana. Mi viene un freddo ad aspettare lì ferma così… Fortuna che poi è salita, e mi scaldo. Le salite sono tutte pattinabili per me, ma evidentemente alla gente qui non piacciono, perché le affronta camminando. Mi faccio strada zigzagando. La neve è difficile, primaverile: a tratti sembra zucchero, a tratti sembra una granita bagnata. Terminato il saliscendi nei boschi tra St. Moritz e Pontresina, al km 21, si riprende la grande pianura bianca. A questo punto il mio gesto trova una sua sintesi di gravità e spinta (equilibrio e forza) per “volare” nel bianco fino al traguardo. È tutto così bello, bellissimo, che anche i miei pensieri sono belli, bellissimi. Davanti al vasto bianco, sovrastato di azzurro, non posso fare altro che ringraziare quell’infinito che dà a me, piccolo puntino, la possibilità di realizzarsi ed essere felice. I chilometri scorrono davvero veloci. Arrivano gli ultimi cartelli: 4 km al traguardo, 3 km al traguardo. A questo punto mi succede una cosa particolare: non voglio che finisca, mi viene da piangere, non voglio lasciare il grande bianco, voglio restare lì. Ho trascorso un inverno piuttosto difficile, e il bianco mi ha accompagnato, portandomi pace, non voglio andare via. Ma è giusto così, perché l’inverno volge al termine e la primavera sta per iniziare. Finish line, medaglia, rientro. Stanchezza, forse più emotiva che fisica.

Che possa custodire dentro di me la pace del bianco, mentre volgo lo sguardo all’orizzonte, nell’attesa dei colori che verranno.

Grazie Engadina.