sabato 29 giugno 2024
CHALLENGE Kaiserwinkl-Walchsee, 23 giugno 2024
sabato 27 aprile 2024
On the road again: 50 km di Romagna
lunedì 23 ottobre 2023
Il primo pettorale
Perché non approfittare dell’ultimo week-end dal clima estivo di questo strano ottobre per una gita con tutta la family all’Ecomaratona del Chianti? È l’occasione giusta per far indossare ai bimbi il loro primo pettorale (e, per la sottoscritta, per fare una bella corsa sulle colline senesi). Tutto il contesto deve incuriosire i bimbi, senza creare ansie da risultato. Quindi si va in una campagna lontana, dove ci sono i castelli dei cavalieri e le antiche dimore, i parchi con le piscine e le colline a perdita d’occhio. Dove l’aria è buona e si mangia bene. La “gara” è una manifestazione non competitiva, in cui vincono tutti quelli che arrivano al traguardo, ma perdono quelli che si fermano prima. Il premio per chi arriva fino alla fine è pane e Nutella. Si parte tutti insieme mano nella mano, in un fiume di gente allegra e serena che sembra una festa. Poi la mamma va per correre i suoi 20 km, mentre i bimbi restano con il papà per i loro 6 km. Obiettivo ritrovarsi un paio d’ore dopo all’arrivo. E così è. Bimbo-grande avrebbe voluto camminare più spedito, ma bimbo-piccolo doveva fare mille soste per altrettante cose curiose, e per raccogliere i fiorellini da regalare alla mamma. Grazie al papà per aver supportato & sopportato i due boys per tutta la camminata. Due giorni belli e intensi. Spero che i bimbi conservino un bel ricordo del loro primo pettorale: perché indossare un pettorale è vivere un’avventura, molto più che “fare una gara”.
giovedì 6 luglio 2023
CHALLENGE Kaiserwinkl-Walchsee, 2 luglio 2023
È successo
che… Pensavo che non mi
sarei più iscritta a eventi di questo tipo. Invece poi è successo che…
l’allenamento è un’abitudine, la sveglia suona sempre alle 6, o per andare al
lavoro o per allenarsi, e un’oretta per me la voglio trovare, quasi ogni
giorno. E poi è successo che… trovo sul mercatino dell’usato una (bellissima)
Bianchi in carbonio taglia 47, e quando mi ricapita… Fatto sta che decido di
provarci ancora. Destinazione scelta in funzione della gestione familiare: con
bimbi al seguito per far loro vivere una nuova esperienza, quindi quando le
scuole sono finite, dove il viaggio è il più breve possibile, e dove tutta la #family
può stare bene. Risultato: Walchsee, Tirolo austriaco, inizio luglio.
In forse fino all’ultimo. Le due settimane prima della partenza sono un’incognita. Prima la febbre di #bimbodue, ma forse è solo una reazione al vaccino della settimana prima… Poi il febbrone di #bimbouno, una settimana di influenza condita con streptococco. Poi passano qualcosa a me, che trascorro la settimana della gara con mal di orecchie e mal di gola. Ma siamo in miglioramento e il venerdì decidiamo di partire. Il sabato mattina io e #bimbodue ci alterniamo in bagno, ultimi strascichi dei virus “padani”. Pomeriggio in miglioramento, quindi porto comunque la bici in zona cambio: se partire o no la domenica mattina, lo decido in base a come passo la notte.
Guardando intorno. A differenza di altre gare, qui la maggior parte degli atleti è della zona. Molto giovani, molto magri. Piuttosto essenziali e “spartani”, rispetto a quelli che si trovano in altre gare in cui l’expo sembra la passerella delle vanità. Questi sono forti, tutta sostanza e zero fronzoli. Qui il livello è più alto. Riuscirò a stare nei cancelli?
Vabbè, partiamo. Domenica mattina. Come previsto piove e la temperatura è di 15 gradi. Porto sacche e termos in zona cambio e rientro in hotel per mettere la muta. Tra l’altro, bellissimo “family hotel” sul lago, esattamente a metà strada tra la partenza del nuoto e la zona cambio. Indossare la muta in camera e non “per terra” è un plus notevole! Affollamento di atleti sul piccolo prato del lungolago, che lascia i bimbi un po’ spaesati. #bimbouno vede la mamma “in ansia”. Eh già, ha capito. #marito mi invita a entrare in griglia e non partire per ultima… ok... Poca voglia di partire, come sempre. Un saluto a tutti e si va verso l’acqua.
La gara. La temperatura dell’acqua è piacevole, anche l’odore leggero di questo lago verde chiaro. Mi sento stanca, nuoto ma non sento le braccia fare forza nell’acqua. È un rolling start ma molto ravvicinato, quindi si nuota in gruppo, e mi dà fastidio la presenza di altri vicino, soprattutto quando ci sono “contatti”. Che esagerata, si vede che sono troppo abituata a stare da sola. Comunque, il nuoto procede tranquillo. Finalmente verso l’ultima parte di percorso anche le braccia “si svegliano” e iniziano a spingere. Quando si esce dall’acqua fa freddo, per me molto freddo. Tremo come una foglia e mi battono i denti. Mi trovo un angolino nella tenda e resto lì, cambiandomi, asciugandomi e bevendo acqua calda dal mio termos, fino a che non smetto di tremare e sono in grado di tenere la bici. Ormai mi conosco, le brutte esperienze in allenamento insegnano: fondamentale per me è non disperdere calore, quindi maglia wind stop, manicotti, e soprattutto gambali. Ho caratteristiche di metabolismo e circolazione diverse da quelle degli altri, punto. Parto in bici e devo percorrere due giri. I primi 30 km non passano più: mi sento stanca, piove, sull’asfalto bagnato ho sempre timore, e iniziano ad arrivare da dietro oggetti velocissimi e molto rumorosi, che si rivelano essere le bici da crono con ruota lenticolare posteriore degli atleti che stanno percorrendo il secondo giro. Che casino, sembra di essere sorpassati da un mezzo a motore! La solita esagerata, troppo abituata a usare i rulli o uscire da sola alle 5:30 del mattino. Dal km 30 al 40 comincio a stare meglio, a sentirmi meno stanca. E quando inizia il secondo giro mi sento finalmente bene e libera: l’asfalto inizia ad asciugare e da dietro non arriva più nessuno a rompere… il silenzio! La strada chiusa al traffico è tutta per me, top! Le gambe iniziano a spingere sui pedali. Non conosco i tempi parziali dei due singoli giri, ma di sicuro il secondo è più veloce del primo, oltre che finalmente goduto. Solo qualche fitta alle orecchie nel tratto finale, che dà l’ingannevole e ormai nota sensazione che la bici stia sbandando, anche se non è così. La bici è comodissima, il percorso è un continuo saliscendi nel verde, con diversi tratti su stradine strette in mezzo ai pascoli, con le mucche che ti guardano a pochi metri. In salita no problem, in discesa sono una pippa, lo so, ho paura e freno, e non so fare le curve, ma chissenefrega, arrivo in zona cambio intera e soddisfatta. La temperatura è salita, ci saranno circa 20 gradi; quindi, vestiti freschi e asciutti e si inizia a correre. La corsa è sempre la frazione più tranquilla: si innesca il pilota automatico e via. Il percorso prevede 4 giri del lago ed è molto bello e piacevole, immerso nel verde, un po’ asfalto e un po’ (apprezzatissimo) sterrato, con magnifica vista sui monti intorno. Correre qui è tutta salute, e penso che questo percorso sarebbe perfetto anche per i bimbi in bicicletta. Caloroso tifo delle persone lungo il percorso: solo dove parlano tedesco i tifosi restano ad incitare anche gli ultimi! Molto apprezzato. Ecco il traguardo, ed ecco anche la #family al completo che mi aspetta! Finisher. Tempo finale 7h27’, molto bene per me, pensavo di più. Non dovrei più iscrivermi a questi tipo di gare... questo è uno sport per giovani, oppure per gente forte: giovane non lo sono più, forte non lo sono stata mai… Però dà occasioni di viaggiare scoprendo posti bellissimi che altrimenti non conoscerei…
La vacanza. La gara è anche l’occasione per far trascorrere alla #family un fine settimana in montagna, in un posto dove non parlano italiano, e dove non mangiano la pasta! I bimbi sono molto incuriositi da questa avventura. Per fortuna che qui cucinano una “carnina gialla” buonissima (leggasi: schnitzel). L’hotel offre tantissimi servizi: grande appartamento con camera matrimoniale, soggiorno con divano letto per i bambini, cucina completa di tutto (pure microonde e lavastoviglie!); grande parco con tanti giochi per i bambini (altalene, scivolo, scivolo a tunner, salterello gigante, campo da volley e campo da basket); piscina esterna riscaldata, piscine interne grande e piccola per i baby ospiti, sauna, palestra, sala giochi. Una famiglia con bambini qui può stare davvero benissimo, anche quando piove - come la mattina della gara, quando #marito, #bimbouno e #bimbodue trascorrono due piacevoli ore nella calda piscina tutta per loro. E tutto compreso. Non ho mai trovato alloggi di questo tipo in Italia (a prezzi ragionevoli intendo…): solitamente nel nostro Paese la famiglia con bambini è quasi “un fastidio” per l’offerta turistica, qui invece è la benvenuta. E qui capita di vedere per le stradine di campagna genitori in bicicletta con baby ciclisti su bici senza pedali che seguono allegramente. Anche l’offerta fuori dall’hotel è molto ricca: dalle classiche passeggiate per sentieri, all’esplorazione in barca del lago (sia #bimbouno che #bimbodue al timone!), al minigolf. Il tutto immerso nel verde di prati e boschi. Ci piace proprio questo posto, ci invoglia a tornare. Anche l’offerta alimentare al supermercato è molto buona: carne, pane, frutta, verdura, tutto di ottima qualità e a prezzi ragionevoli. Possibile che in Tirolo le ciliegie costano meno che in Lombardia? Sulla qualità della carne, probabilmente oltralpe gli animali respirano meglio di quelli “padani”. È ora di tornare a casa, tra le proteste di #bimbouno e #bimbodue che vogliono restare qui. Walchsee ci piace, magari ci torniamo ancora. Località consigliata: sia ai triatleti che vogliono fare una gara immersa nel verde, sia alle famiglie con bambini che vogliono fare una vacanza in montagna.
mercoledì 12 ottobre 2022
Il mio IRONMAN 70.3 Venice-Jesolo, 9 ottobre 2022
Il perché. Decisione maturata circa 3 mesi prima. Perché, dopo l’ultimo del 2016 e i successivi 6 anni in “pausa bambini”, voglio dimostrare a me stessa che sono ancora capace di farlo. Luogo scelto perché il più vicino a casa, in modo da passare una sola notte in trasferta. Logistica familiare: niente bimbi al seguito oggi, quindi prima notte fuori casa e senza genitori per i due mister (i miei figli li chiamo così), uno da una nonna e uno dall’altra, altrimenti insieme diventano ingestibili.
La vigilia. Sono in crisi, non ho nessuna voglia di partire. Sarà lo stress accumulato nei mesi precedenti, la sveglia prima dell’alba e gli allenamenti incastrati tra lavoro, spostamenti da pendolare, gestione di casa e famiglia, il carico di responsabilità. E le pause forzate causa virus, e il posticipo della gara di due settimane causa elezioni. La motivazione ha avuto alti e bassi durante la preparazione, e alla vigilia ha toccato il fondo. Le telefonate a mamma e papà, e le parole di mio fratello che mi sbloccano: “ti piace nuotare, ti piace andare in bici e correre, vai e goditi il paesaggio!”. Ecco la motivazione per uscire domani mattina: godersi il percorso.
Alla partenza. Ho imparato in allenamento che devo evitare cibi solidi prima e durante. Quindi per colazione un bric di latte di mandorla Condorelli e un sorso di acqua calda. È ancora buio quando metto le borracce sulla bici. Ci sono 15 gradi e un’umidità di quasi il 100%. È tutto bagnato: le borse sulla bici, le scarpe lasciate nelle sacche dei cambi. Pazienza. Sono un po’ infastidita dalla mancanza di una tenda per cambiarsi. E vabbè, mi metto la muta all’aperto, seduta per terra. Poi rimetto giacca, berretto, calzettoni e scarpe, e mi dirigo sulla spiaggia con il marito, che ringrazio per la fondamentale assistenza. A questi eventi non si partecipa da soli! Il giudice alla griglia di partenza mi scambia per un accompagnatore… No, partecipo alla gara, sono vestita sopra la muta perché ho freddo… Pazienza. Poi arriva il momento di restare solo con la muta e mettersi nella fila di partenza del “rolling start”. Con i piedi nella sabbia fredda e umida inizio a tremare. Ci si distrae un po’ con la musica messa dal dj: bene la partenza dei pro con “Thunderstruck” e “Sweet Child O' Mine”, ma quando tocca agli age group parte un “A far l'amore comincia tu” che suscita qualche malumore tra gli atleti più rock. Una risata che ci voleva prima di partire!
Frazione nuoto. Si parte. Disciplina allenata solo in agosto al mare e a settembre in piscina, ma il mare calmo mi lascia tranquilla. Acqua fresca ma si sta bene, dopo un paio di boe vado in temperatura e prendo il ritmo. Mi tengo alla larga dalle cuffie rosa, visto che le manze sono sempre cafone in acqua (come volevasi dimostrare). Meglio le cuffie verdi, visto che i manzi di solito si fanno gli affari loro (come volevasi dimostrare). Traiettoria chirurgica e senza sforzo, senza movimenti inutili dispendiosi. Nuoto scivolato via tranquillo.
All’uscita dall’acqua sento che i solei sono nervosi e tirati, quindi per non farli arrabbiare procedo verso T1 camminando. In zona cambio mi battono i denti e tremo dal freddo. Non riesco a mandare giù altro che un sorso di acqua calda. Sì, metto anche un termos di acqua calda nella borsa del primo cambio. E dei sorrisini di manzi e manze non mi curo. Mi vesto come ho svolto gli ultimi allenamenti autunnali e parto in bici.
Ho pedalato parecchio nei mesi precedenti, più che per ogni altra gara preparata, perché è sempre la frazione in cui vado peggio. Sono partita sempre al buio, 30 minuti prima dell’alba, con le luci, in modo da rientrare a metà mattina per la domenica in famiglia, quando i bimbi vogliono andare al parco, c’è da preparare la polenta, c’è da passare l’aspirapolvere... Ho pedalato gravel, perché mi piace di più, perché posso fare le ciclabili anche se sono un po’ sterrate o se ci sono caduti sopra rami o sassi per un temporale, perché così non sono costretta a stare sempre tra le macchine, cosa che veramente non sopporto. Però due settimane prima della gara ho provato un percorso di asfalto pianeggiante, e ho constatato che con la gravel (anche con le gomme da strada) vado a 2 km/h in meno di quello che so che posso fare, e questa differenza è quella che rischia di farmi stare fuori dai cancelli della gara. Quindi la settimana prima della gara ho ripreso la mia bici da corsa, che non toccava l’asfalto dal settembre 2016, e ho rifatto quello stesso percorso, con i tempi accettabili previsti. La gravel è praticamente una mountain bike senza ammortizzatore. La bici da corsa ha i pedali “più duri”, ma ti fa sentire che tutto il tuo sforzo è trasferito alla strada, mentre la gravel “se ne perde un po’”, almeno su asfalto.
Frazione bici. Maglia calda, per proteggere lo stomaco. Ho provato la congestione in allenamento, fa venire i capogiri e poi svenire, ed è meglio evitare. Gambali, per tenere le gambe al caldo, altrimenti i muscoli mi mandano a quel paese e vanno in contrattura, ed è meglio evitare. Ribadisco che degli altrui sorrisini in zona cambio non mi curo. Fascia che copre fronte e orecchie, per tenere a bada sinusiti e otiti di questa stagione. Due borracce riempite di Polase (solo sali, non roba da sportivi zuccherata che il mio stomaco non accetta), di cui una standard e una termica. Due gel, rigorosamente senza caffeina, dell’unica marca che il mio stomaco tollera.
Primi 20 km pedalati piano e sciolti, perché sento il quadricipite destro nervoso e tirato e non voglio farlo arrabbiare. Poi si mette tranquillo e posso mettere il rapporto un po’ più duro. Nel tratto cittadino si devono scavallare due “cavalcavia” provvisori fatti di impalcatura e coperti da tappeto rosso, messi lì per gli atleti in bici in modo da non interrompere il traffico sotto. Trovarsi all’improvviso queste rampe all’8% mi fa un po’ strano in una gara Ironman, ma evidentemente in Italia funziona così. Pazienza, fatte. Poi il percorso diventa molto bello tra le campagne venete, anche se reso piuttosto faticoso dal vento. I lunghi tratti contro vento sugli argini sembra non finiscano mai! Ad un certo punto vedo davanti una giudice che mi fischia e mi sventola una bandiera rossa. Non immagino quale possa essere il problema, visto che non ho atleti a vista davanti né ne sento dietro. Le chiedo cosa c’è, e mi risponde chiedendomi se partecipo alla gara. Le dico di sì, e allora mi risponde che posso andare. Mentre pedalo mi faccio qualche domanda. Pensava che fossi un’imbucata! Oh giudice, anche se sono vestita di più degli altri, anche se non ho una bici figa o una bici con le corna come gli altri, ho il numero di pettorale come tutti gli altri, incollato sul casco e sulla bici secondo regole, e pagato secondo listino prezzi! Sveglia!
Procedendo tra le campagne, mi trovo su un tratto di strada che va percorso in due direzioni, all’andata e al ritorno. Io sono sul tratto di andata, e incrocio gli atleti sul tratto di ritorno. Ma le regole? No scia, no affiancati? Complimentoni! In partica le regole in queste gare le rispettano i primi e gli ultimi, la massa nel mezzo fa quel che vuole. E stavolta non ci sono scuse di sovraffollamento di iscritti o strade strette, è solo la scelta consapevole di non rispettare le regole del gioco.
Si rientra in città, altre due rampe rosse all’8%, e finalmente si arriva in T2. Tolgo i vestiti da bici e indosso quelli asciutti e puliti da corsa. Sì, metto anche i pantaloncini da running, perché correre con un pezzo di silicone sotto il c**o non lo trovo comodo. Sì, cambio anche la fascia in testa, quella nera è per la bici e quella bianca è per la corsa, sono in tessuti diversi per esigenze diverse.
Frazione corsa. Percorso di 3 giri, di cui mezzo giro in città e mezzo giro sul lungomare. Bello! In città ci sono tante persone che salutano e fanno il tifo, poi quando si arriva sul lungomare si rimane incantati guardando il mare, la spiaggia, il sole basso di ottobre e tutti i luccichii sull’acqua. Tratto molto rilassante: non appena lo concludi non vedi l’ora di fare il giro successivo per ritrovarti ancora lì. Procedo a passettino costante, quello che faccio da quando avevo 5 anni, lento ma poco dispendioso, una sicurezza per arrivare alla fine. E mi ritrovo a fianco sempre degli stessi atleti che alternano corsa veloce e camminata. Non prendo gel o altro perché il mio stomaco non tollererebbe, ma con un po’ di Coca Cola ai ristori ho quanto mi serve per arrivare. Adesso sono stanca. Ultimi duecento metri per ammirare il faro e le spiaggia, e poi la finish line! Ce l’ho fatta!
Vedo il tabellone che segna 7 ore e 20 minuti, bene dai! Sì, non indosso mai l’orologio in gara, quindi il tempo lo vedo solo al traguardo. Concludo il mio terzo 70.3 con 10 minuti in meno dei precedenti, anche se i primi due li avevo fatti tutti sotto la pioggia, oggi invece è stata una bella giornata. Prima di allontanarmi con il marito dalla zona arrivi, mi giro a salutare la finish line. Non credo che ce ne saranno altre. Mi piace nuotare, pedalare e correre, ma penso che in futuro li farò separatamente, per viverli in modo meno stressante. Soprattutto la bici, la vivo in un modo troppo diverso da quello che è richiesto in questi eventi. Come non faccio più le classiche mezze o maratone su asfalto cittadino, perché non mi ispirano più. È ora di girare pagina, chissà.
Il day after. Mi rendo conto di aver gestito bene la gara: nessuna crisi durante, sforzo moderato e costante in tutte le discipline. Il giorno dopo indolenzimento generale ma nessun dolore particolare. Il che mi consente di sistemare casa recuperando le faccende non svolte nel fine settimana. Altro che lunedì di ferie per riposare dalla gara di domenica: la mattina "animale da soma" tra la lavatrice di casa e l’asciugatrice a gettoni, il pomeriggio aspirapolvere… E va bene così.
Last but not least. I bambini sono stati bene dalle nonne, ognuna delle quali si è impegnata nel preparare tante gustose prelibatezze per soddisfare i palati esigenti dei piccoli mister. Tutti contenti, e va bene così :-)